COP21: si parlerà di allevamenti intensivi? Ciwf lancia una petizione
Una petizione internazionale perché nei negoziati di COP21 si parli anche di allevamenti intensivi e abitudini alimentari. A lanciare l’iniziativa, sostenuta tra gli altri dallo scrittore Michael Pollan, è Ciwf Intenational (Compassion in World Farming), associazione che si occupa di protezione e benessere degli animali negli allevamenti. Alla vigilia della conferenza internazionale che a Parigi riunirà leader ed esperti mondiali per discutere di clima e misure di tutela dell’ambiente, Ciwf chiede anche che venga fissato entro il 2030 un obiettivo di riduzione del consumo di carne nei paesi sviluppati del 50%.
“E’ impossibile mettere un freno al cambiamento climatico senza riconoscere i danni ambientali causati dal nostro sistema di produzione del cibo e, nei paesi industrializzati, dall’eccessivo consumo di carni e prodotti caseari“, si legge nella petizione. “L’allevamento è uno dei settori che maggiormente influisce sul cambiamento climatico, generando quasi il 15% dei gas serra del pianeta. E l’allevamento intensivo, dal quale provengono 2/3 degli animali allevati per cibo, rende possibile l’eccessivo consumo di carne e prodotti caseari nei paesi sviluppati, che provoca l’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria”.
Gli studi più recenti su clima e inquinamento, rileva Ciwf, evidenziano che “dovremmo ridurre le emissioni di gas serra nei paesi sviluppati di almeno l’80% da qui al 2050 per avere una possibilità di restare sotto la soglia di pericolo rappresentata da un aumento medio della temperatura di 2°C. L’allevamento contribuisce per il 14,5% alle emissioni totali di gas serra globali, secondo i dati della FAO. Si tratta di una percentuale importante eppure durante la prossima Conferenza delle Parti che si svolgerà a Parigi non ci saranno negoziazioni relative all’allevamento e neanche allo stile alimentare”.
Proprio il tema dell’allevamento rappresenta, sottolinea ancora l’associazione, “l’elefante nella stanza” del dibattito sul futuro del clima. Secondo lo studio del 2014 intitolato “Importance of food-demand management for climate mitigation. Nature Climate Change”, il rischio che si corre, se non si prenderanno misure per modificare l’intensificazione dell’agricoltura e dell’allevamento in corso, è un aumento delle emissioni di gas serra del 77% entro proprio il 2050 con un parallelo incremento della temperatura mondiale vicino ai 2°. “Lo stesso studio – prosegue Ciwf – conclude che le emissioni di agricoltura e allevamento possono diminuire solo con una riduzione del 50% dello spreco di cibo e con un cambiamento nella dieta. Questo implicherebbe una riduzione del consumo di carne in molte regione del pianeta ma – aggiunge – comprenderebbe anche un aumento del consumo in altre regioni in cui la carne viene ora consumata in scarse quantità”.
“Chiediamo anche che nell’accordo di Parigi venga incluso l’obiettivo di riduzione del 50% del consumo di carne nei paesi sviluppati entro il 2030. Se la Conferenza di Parigi – aggiunge la presidente di Ciwf Italia, Annamaria Pisapia – deve sviluppare una road map credibile per limitare il riscaldamento globale al limite dei 2°, l’allevamento e un cambiamento nella dieta devono essere presi in considerazione molto seriamente. Per questo chiediamo che l’allevamento e l’alimentazione siano inclusi nel nuovo accordo globale e che siano considerati fra i più importanti settori che devono ridurre le proprie emissioni”.
A prendere posizione a favore della petizione lanciata da Ciwf è stato in Italia anche il divulgatore scientifico, Mario Tozzi: “Il cambiamento climatico è una grave minaccia per tutti ed è necessario agire ora. Anche io mi unisco a CIWF e chiedo ai leader mondiali di inserire l’impatto degli allevamenti e della produzione del nostro cibo nel nuovo accordo sul clima di COP21. E’ urgente – ha sottolineato Tozzi – che i paesi industrializzati si impegnino a ridurre in maniera importante il consumo di carne”.