Wet market: l’Unione Europea lavora ad un accordo per chiuderli

Fiumi di sangue e pessime condizioni igienico-sanitarie, questo è lo scenario dei “wet market”. Finalmente però una commissione voluta dall’UE è all’opera per un trattato globale che ne preveda la chiusura, ma la strada è ancora lunga.

La notizia ufficiale è stata divulgata ai primi di febbraio dalla agenzia stampa britannica Reuters: una commissione, fortemente voluta dall’Unione europea, sta lavorando per giungere a un trattato globale entro il maggio del 2024 che preveda la progressiva chiusura, o regolamentazione, dei wet market di fauna selvatica e la concessione di incentivi per i paesi che segnalano nuovi virus o varianti

A partire dal dicembre 2021 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dopo la scoperta della variante variante Omicron del coronavirus, ha dato il via libera ai negoziati su un patto internazionale per prevenire e controllare le future pandemie, e ora la commissione inizia ufficialmente a lavorare. Dall’inizio della pandemia di COVID-19 infatti uno degli obiettivi principali di autorità sanitarie, paesi e organismi internazionali, è stato sin da subito quello di muoversi non solo per prevenire nuove pandemie ma anche per regolamentare la vendita di carne animale selvatica. Questo perché diversi studi ancora oggi collocano l’origine della pandemia proprio tra i banchi di un wet market ittico di Wuhan.

Stop ai fiumi di sangue nel mercato

L’accordo globale avanzato, per il quale si spera almeno di arrivare ad un accordo preliminare entro il prossimo agosto, si muove su due livelli: il primo è senza ombra di dubbio relativo alla chiusura, o alla regolamentazione dei wet market.
Tipici dell’Asia, dell’Africa e di alcune zone del Centro America, e frequentati prevalentemente dalla popolazione povera, i cosiddetti “mercati umidi”, essendo privi di celle frigorifere, espongono gli animali in vendita quando ancora vivi e li macellano al momento. Ed è proprio per i fiumi di acqua e sangue che scorrono sui pavimenti, che vengono definiti “wet”. Quindi, data la presenza di diverse specie di animali contemporaneamente e le pessime condizioni igienico-sanitarie, oltre ad essere un teatro degli orrori questi possono rivelarsi un vero e proprio ricettacolo di virus come nel 2020 ha affermato in un intervista alla CBC news il dottor Ian Lipkin, esperto di malattie infettive: “Se prendi gli animali selvatici e li metti in un mercato con animali domestici o altri animali, dove c’è la possibilità per un virus di fare il salto di specie, stai creando una super autostrada per i virus per passare dall’animale selvatico all’uomo”.

Il secondo livello invece riguarda l’importanza di segnalare la scoperta di qualsiasi virus potenzialmente pericoloso senza penalizzare in alcun modo il paese dichiarante. Quando nel novembre del 2021 il SudAfrica aveva segnalato la presenza della variante Omicron di Sars-CoV-2, il paese è stato immediatamente isolato con limitazioni sui voli e altre misure restrittive. Un pericolosissimo precedente questo da non ripetere perché in futuro potrebbe spingere gli altri paesi a non comunicare una scoperta simile.
I funzionari della commissione dunque hanno dichiarato che si terranno dei colloqui presieduti da delegati di sei paesi, in rappresentanza delle principali regioni del mondo: Giappone, Paesi Bassi (in rappresentanza dell’Unione Europea), Brasile, Sud Africa, Egitto e Thailandia. In questo modo si potrà discutere sulle misure da adottare per andare incontro ai paesi a basso reddito che denunciano la presenza di microrganismi pericolosi. Gli incentivi potrebbero includere l’accesso immediato a medicinali e vaccini sviluppati contro eventuali nuovi virus, e l’impegno dagli stati più ricchi a garantire forniture mediche.

Nonostante però l’impegno dell’UE e della Gran Bretagna, alcuni paesi come il Brasile che rappresenta i paesi dell’America settentrionale e meridionale, per ora non si sono dimostrati favorevoli. La strada per raggiungere il traguardo desiderato dunque sembra ancora lunga, ma la commissione segna un passo in avanti fondamentale ben lontano dal voler “minare” le tradizioni di alcuni popoli, quanto piuttosto di renderle sicure a livello globale scongiurando, in ogni modo possibile, che la storia si ripeta ancora una volta. 

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