Il primo violino vegano al mondo: legno di pero, bacche selvatiche e acqua di sorgente
Padraig O’Dubhlaoidh è il liutaio che ha realizzato il primo violino al mondo animal free registrato con il marchio “The Vegan Society”
Sembrano gli ingredienti perfetti per la preparazione di un dolce, ma sono i materiali alternativi che il liutaio, restauratore e scrittore Padraig O’Dubhlaoidh ha utilizzato per dar vita al primo violino vegano al mondo. Originario di Dublino, Padraig crea violini da oltre quarant’anni nel suo laboratorio sulle Malvern Hills, in Inghilterra, e quando un cliente, anni fa, si è presentato chiedendo la realizzazione di uno strumento vegano, è iniziata l’avventura.
Infatti, come nel settore dell’alimentazione, dell’abbigliamento e dell’edilizia, anche nel mondo della musica sta crescendo sempre di più la domanda di alternative vegane.
L’universo della musica verso il cruelty free
Ancora oggi, nonostante i numerosi passi in avanti, nel processo di realizzazione di alcuni strumenti musicali, vengono utilizzati diversi materiali di origine animale: per i tasti dei pianoforti più pregiati, ad esempio, si utilizza ancora l’avorio, mentre per il caso dei violini si ricorre spesso alla crine di cavallo per gli archetti e alla colla animale per tenere assieme le varie parti da assemblare. Padraig O’Dubhlaoidh, da sempre un fautore della liuteria sostenibile ma anche della tutela dell’ambiente, ha colto così l’occasione di mettersi a lavoro per realizzare uno strumento che non implicasse, in alcun modo, la sofferenza animale.
La selezione e la ricerca delle delle materie prime
O’Dubhlaoidh per 5 anni ha sperimentato svariate soluzioni e alla fine, nel periodo di isolamento da Covid-19, ha ultimato il suo primo violino speciale di altissima qualità (il prezzo, infatti è di 8.000 sterline) e totalmente privo di elementi di origine animale.
Per essere certo della provenienza dei materiali è stato lui stesso ad occuparsi dell’approvvigionamento di risorse finendo per creare prima un laboratorio e poi uno strumento completamente sostenibile e animal free. Ecco dunque che il violino è stato realizzato in pioppo e legno di pero curvato al vapore, le bacche selvatiche sono servite per tingere gli intarsi in legno, e l’acqua di sorgente locale è stata utilizzata per la preparazione del composto adesivo. E la qualità del suono ne ha risentito? Assolutamente no. O’Dubhlaoidh, infatti, ha constatato che la colla di origine animale avesse degli effetti dannosi sui violini perché, alla lunga, provocava forti tensioni sulle parti in legno. Con la sostituzione di tale colla con una di origine naturale questo fenomeno non si presenta e dunque, indipendentemente dall’etica, è anche un miglioramento sul piano acustico innegabile. La ricetta perfetta per il primo violino a possedere il marchio della Vegan Society fornisce un’importantissima risposta a quei musicisti che per scelta etica si sono trovati costretti a fare i conti con questo problema.
Il contributo per la tutela dell’ambiente
O’Dubhlaoidh, con i suoi dieci anni di ricerca e lavoro, ha fornito anche un prezioso contributo alla pubblicazione dell’IPCI (International Pernambuco Conservation Iniziative) The conservation, restoration, and repair of stringed instruments and their bows edita da Tom Wilder sulla conservazione e restaurazione degli strumenti ad arco.
I tre volumi che la compongono sono stati stampati su carta fatta a mano con metodi tradizionali utilizzando macchinari ad acqua restaurati, in un antico mulino. L’IPCI è stato determinante per ottenere un divieto mondiale del commercio di legno di Pernambuco (specie arborea originaria del Brasile in via di estinzione) che viene utilizzato per realizzare gli archetti degli strumenti a corda e il liutaio irlandese ora partecipa attivamente alla campagna per la preservazione di queste foreste e per piantare nuovi alberi.
Le critiche dai maestri della tradizione
Sebbene l’invenzione di Padraig abbia risposto ai musicisti in cerca di soluzioni etiche e sostenibili, non sembra aver ricevuto una calorosa accoglienza dai liutai fedeli agli insegnamenti di Antonio Stradivari. Dopo il violino in seta di ragno creato dal designer Luca Alessandrini, e quello di ghiaccio dell’artista americano Tim Linhart, anche il violino vegano ad alcuni è sembrato un tentativo azzardato di stravolgere la tradizione. Ad esprimere tale parere, scrive Nicola Arrigoni su «La Provincia» di Cremona, sono stati i liutai cremonesi Stefano Conia, Giorgio Scolari e Shuichi Takahashi (violinista giapponese trasferitosi a Cremona per studiare liuteria) che, dopo aver visionato il video di presentazione di Padraig, sono rimasti poco convinti dall’utilizzo della colla vegetale e dal suono del violino stesso.
Secondo i maestri, infatti, l’utilizzo della colla animale (tramandato per secoli) ha garantito la durevolezza degli strumenti negli anni, a differenza di quella vegetale che a parer loro sarebbe obsoleta. Mentre la qualità del suono farebbe “inorridire” gli intenditori e non glorifica lo sforzo e il prezzo finale di tale impresa. Infine, rimane l’inciso del maestro Takahashi, il quale afferma che acquistare un violino instabile potrebbe rivelarsi un rischio non da poco in un periodo storico in cui le commesse “sono quello che sono”. Innovazione e sostenibilità si scontrano ancora una volta con tradizione e classicismo. Il dibattito per ora rimane aperto ma resta l’urgenza di portare maggiore consapevolezza e attenzione anche nel settore della musica per non dare mai per scontato l’impatto che le nostre tradizioni hanno sull’ambiente.
D.F