Fagioli borlotti: dalle origini a pisarei e fasò
Parlando di orti e dintorni mi soffermo sul fagiolo borlotto piacentino, semi-tondo, panciuto dal sapore dolce e aromatico, che ricorda quello delle castagne, è l’ingrediente principale di una delle ricette storiche di Piacenza, ossia i pisarei e fasò. E’ un piatto che nel piacentino si gusta tutto l’anno ed è sempre presente nei menu dei ristoranti da offrire in degustazione ai turisti o agli estimatori dei piatti del territorio.
Il fagiolo borlotto piacentino è infatti coltivato sul territorio, dove si estendono anche ampie coltivazioni del cosiddetto Oro Rosso Piacentino ossia il pomodoro da sugo, ingrediente anch’esso presente nella ricetta dei pisarei. Piatto povero per eccellenza e di origini medievali, veniva preparato nelle locande e nei conventi del territorio e servito sotto forma di zuppa, per rifocillare i pellegrini di passaggio nell’area Francigena.
All’epoca venivano utilizzati i fagioli dell’occhio perché i borlotti giunsero in Europa solo dopo la scoperta dell’America. Nel tempo la ricetta subisce qualche variante, ma dal Cinquecento ai giorni nostri, nella ricetta sono sempre presenti questi squisiti fagioli.
Nota importante è la conservazione dei fagioli borlotti: se i fagioli sono freschi, si conservano in frigorifero senza sgranarli per non più di due o tre giorni. Si devono sgranare al momento dell’utilizzo. Se si preferisce congelarli, si conservano per sei mesi, mentre essicati dagli otto mesi all’anno.
I fagioli secchi vanno cotti, previo ammollo di dodici ore, in acqua fredda. Un consiglio per eliminare il gonfiore intestinale che spesso procurano i fagioli è quello di aggiungere all’acqua di cottura o nelle altre preparazioni a base di fagioli, un pizzico di zenzero grattugiato o in polvere.