Benessere degli animali acquatici: per la prima volta ci sono delle linee guida
L’Aquatic Animal Alliance, composta da organizzazioni animaliste in tutto il mondo ha stilato linee guida: ora manca l’azione dei governi.
La produzione ittica globale continua ad aumentare, con miliardi di pesci, crostacei e molluschi pescati o allevati prevalentemente a scopo alimentare, che vivono e vengono abbattuti in condizioni di vita sempre più degradanti, senza alcuna normativa che ne tuteli nello specifico il benessere nei processi di cattura, allevamento o abbattimento.
L’Aquatic Life Institute (ALI), organizzazione per il benessere degli animali acquatici, con la fondazione dell’Aquatic Animal Allinace (AAA), ha unito diverse organizzazioni e associazioni animaliste nel mondo, creando per la prima volta delle linee guida sul benessere degli animali acquatici selvatici e d’allevamento.
Protezione e tutela
Fa parte dell’Alliance anche l’associazione animalista italiana, Essere Animali: “i pesci sono essere senzienti – spiegano – in grado di provare dolore, stress e paura, proprio come gli animali terrestri. Per questo motivo meritano di essere protetti e tutelati, intervenendo tempestivamente per eliminare tutte quelle pratiche di cattura e allevamento che costituiscono fonte di immensa sofferenza.”
Cosa prevedono le nuove linee guida
L’obiettivo della Animal Aquatic Alliance è quello di fissare degli standard alti di benessere per gli animali acquatici. Non esiste una definizione legislativa specifica di “benessere” di queste creature e per questo l’istituto ritiene che sia fondamentale un’azione tempestiva, che coinvolga non solo le associazioni ambientaliste e animaliste, ma anche i governi, l’industria e il consumatore. L’Alliance ha definito questi cinque importanti criteri di benessere per gli animali acquatici d’allevamento.
- Un ambiente migliore che rispetti i bisogni etologici dell’animale, analogo allo stile di vita che avrebbe nel proprio habitat;
- Composizione del mangime e alimentazione: riduzione del numero di animali acquatici selvatici catturati per l’alimentazione dell’acquacoltura, sostituzione delle specie carnivore allevate con specie erbivore, ottenimento di tempi e quantità di alimentazione ottimali e ridurre i periodi di digiuno a meno di 72 ore;
- Requisiti di spazio e densità di allevamento: lo spazio deve essere adeguato per ogni specie e ciclo vitale dell’animale, evitando impatti fisici, psicologico e comportamentali negativi;
- Qualità dell’acqua: monitoraggio almeno una volta al giorno;
- Stordimento e abbattimento: assicurarsi dell’efficacia dello stordimento prima dell’abbattimento dell’animale, riducendone i tempi per evitare il rischio di recupero della coscienza.
Problematiche legate alla pesca di cattura
Simone Montuschi, Presidente di Essere Animali, spiega a Vegolosi.it che “i pesci e gli altri organismi acquatici vittime della pesca soffrono terribilmente a causa dei metodi di cattura e degli strumenti utilizzati. Infatti, durante il processo di cattura subiscono ferite, lesioni e stress” e specifica inoltre che “una volta scaricati a bordo dell’imbarcazione, vengono schiacciati dal peso degli altri pesci.” Non ci sono regolamenti specifici sui metodi di abbattimento e “nella maggior parte dei casi la morte viene in modo accidentale durante la cattura o il processo di lavorazione: si parla di asfissia, immersione in una poltiglia di acqua e ghiaccio, dissanguamento e decapitazione, quando i pesci sono ancora coscienti.”
Gli allevamenti intensivi
A questo proposito, Essere Animali ha documentato già nel 2018 pratiche terribili in diversi allevamenti a scopo alimentare in Italia e Grecia (da cui proviene più della metà delle importazioni di branzini e orate in Italia), grazie all’investigazione in incognito dei propri operatori. Nelle documentazioni video e audio si evidenziano non solo densità elevate e scarsa qualità dell’acqua in cui i pesci vengono allevati, ma anche l’impiego di “tecniche di stordimento inefficaci che comportano una macellazione dolorosa per animali ancora coscienti al momento dell’uccisione.”
La produzione ittica globale secondo la FAO è di 179 milioni di tonnellate, di cui 82 milioni di tonnellate provenienti dall’acquacoltura. Cina, India, Indonesia, Vietnam, Bangladesh, Egitto, Norvegia e Cile sono i maggiori produttori. Dal 1961 al 2017, il consumo globale di pesce è aumentato ad un tasso medio annuo del 3,1%: per intenderci, se nel 1961 si mangiavano annualmente in media 9.0 chilogrammi di pesce a persona, nel 2018 si è arrivati a 20.5 chili.
Cosa prevede la legge italiana?
La normativa di riferimento nel nostro paese è quella europea. Nello specifico si parla di Regolamenti, ossia atti legislativi vincolanti, applicati dagli Stati Membri, tra cui l’Italia. Come specifica sempre Simone Montuschi, “la normativa comunitaria è ancora molto limitata e poco applicata e presenta delle serie lacune in termini di disposizioni legislative per la tutela dei pesci nella pesca di cattura e in acquacoltura”. Il Presidente di Essere Animali fa tre esempi:
- Regolamento relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento, in cui si indica che “ai pesci devono essere risparmiati ‘dolori, ansia o sofferenze evitabili” senza specificare i metodi di stordimento e abbattimento idonei, senza fare distinzione tra le specie, applicandosi solo ai pesci d’allevamento (Regolamento (CE) n. 1099/2009).
- Regolamento che disciplina il trasporto degli animali vivi, con disposizioni talmente generiche che lo rendono di difficile applicazione (Regolamento (CE) n. 1/2005).
- Regolamento relativo alla Politica Comune della Pesca secondo cui “dovrebbe tener conto adeguatamente degli aspetti legati alla salute e al benessere degli animali”, senza specificare le modalità di tutela (Regolamento (UE) 1380/2013).
Il Ministero della Salute ha pubblicato anche un “Manuale per la gestione del controllo del benessere del pesce durante il trasporto su strada” ma non è un atto legislativo vincolante e riguarda unicamente i pesci di allevamento, escludendo “il trasporto di uova embrionate, di pesci ornamentali e di crostacei e molluschi in quanto, questi ultimi, invertebrati, non sono ad oggi, contemplati dalla legislazione.”
Normativa insufficiente e spesso disattesa
La normativa attualmente in vigore non è sufficiente a garantire la tutela degli animali acquatici, non dà una chiara definizione del concetto di benessere di questi animali e fa spesso riferimento unicamente ai pesci allevati venendo spesso disattesa dagli Stati membri.
L’ha sottolineato la stessa Commissione Europea, secondo la quale i metodi di stordimento e abbattimento messi in pratica sono spesso inefficaci e non rispettano le norme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE): una pratica ancora ampiamente usata anche in Italia, documentata anche dall’indagine di Essere Animali, è infatti quella della refrigerazione in acqua ghiacciata, senza stordimento preventivo, seguita da asfissia in ghiaccio.
Necessario cambiare le nostre abitudini alimentari
Dunque, se da una parte è necessario e urgente trovare metodi di pesca, allevamento, stordimento e abbattimento che rispettino standard di benessere degli animali acquatici e che siano poi effettivamente messi in pratica insieme a controlli più severi e adeguati, è comunque cruciale una maggior consapevolezza da parte del consumatore, insieme alla riduzione del consumo di pesce pro capite e al passaggio a un’alimentazione di tipo vegetale.
Infatti, da questo punto di vista, l’innovazione nel campo alimentare sta iniziando a offrire alternative vegetali al pesce che non compromettano la qualità del prodotto finale, come la Good Catch Food, azienda statunitense da poco presente anche in Europa e Canada, che realizza e vende prodotti a base vegetale che imitano il sapore di quelli ittici, ma che contengono legumi e alghe.
Immagine di apertura – Photo by Sebastian Pena Lambarri