La carne biologica? Inquina come quella convenzionale
Secondo una ricerca, i costi dell’inquinamento stanno aumentando e non sono attribuiti adeguatamente ai prodotti più dannosi: li stiamo tutti pagando allo stesso modo.
Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communication ha messo a confronto danni ambientali e costi della carne da allevamenti biologici e della carne da allevamenti tradizionali. L’analisi ha stimato anche le emissioni di gas serra risultanti dalla produzione di diversi alimenti, nonché il prezzo che questi dovrebbero effettivamente avere sul mercato per compensare il loro impatto sul cambiamento climatico.
I risultati
La ricerca mostra come i “costi climatici” di manzo e agnello siano simili tra sistema biologico e convenzionale; il pollo biologico è, invece, leggermente peggiore mentre il maiale biologico risulta leggermente migliore delle sue controparti.
Le emissioni degli allevamenti tradizionali derivano dal letame e, nel caso di mucche e pecore, anche dalla produzione di metano durante i processi digestivi. Inoltre, la produzione del grano con cui gli animali vengono nutriti comporta una grande quantità di emissioni, senza contare la deforestazione ad essa collegata per poter sfruttare nuovi terreni ad uso agricolo. Nell’allevamento biologico, invece, gli animali spesso non mangiano foraggio importato bensì l’erba del terreno: questo, però, comporta una crescita fisica più lenta e una minore produzione di carne, il che significa che gli animali emettono gas serra per più tempo.
Le soluzioni proposte
Alla luce di questo studio, i ricercatori hanno suggerito l’introduzione urgente di politiche che assicurino che il prezzo degli alimenti rifletta il loro costo effettivo in termini di impatto sull’ambiente, come ad esempio una tassa sulla carne. Questo implicherebbe che i consumatori la cui dieta è più “pesante” sul clima, paghino il loro inquinamento anziché dividere tra tutti il costo delle sempre più frequenti catastrofi naturali. I ricavi di queste tasse, secondo gli studiosi, dovrebbero essere poi impiegati per l’aiuto alle fasce più povere della popolazione mondiale e per degli incentivi a favore delle aziende agricole più eco-friendly.
A quanto ammontano i costi del cambiamento climatico?
I dati analizzati dalla ricerca prendono in considerazione il bestiame allevato in Germania, ma tengono conto anche delle emissioni provenienti dal mangime importato (i valori per gli altri stati dell’UE sarebbero comunque molto simili).
La ricerca ha stimato quali dovrebbero essere davvero gli aumenti di prezzo sul mercato dei prodotti animali presi in esame (da notare che i prodotti biologici costano di più in partenza):
- +40% per la carne convenzionale;
- +25% per la carne biologica;
- +33% per il latte convenzionale;
- +20% per il latte biologico.
I prodotti vegetali, al contrario, non subirebbero grosse variazioni sul loro prezzo, ma il loro impatto sul cambiamento climatico risulta in ogni caso inferiore a quello della carne. Maximilian Pieper, il direttore della ricerca alla Technical University di Monaco, sottolinea come “i rincari dei prezzi [della carne] richiesti sarebbero 68 volte più alti di quelli dei prodotti plant-based”. La differenza risiede semplicemente nel fatto che le piante coltivate si mangiano quasi direttamente, mentre, ad esempio, per 1 kg di manzo sono necessari 42 kg di mangime: un sistema decisamente inefficiente.
Persino la carne valutata dalla ricerca come meno impattante, come quella biologica di maiale, ha un costo climatico ben 8 volte superiore a quello della produzione del prodotto di origine vegetale più impattante, ossia l’olio di semi non biologico.
“Per certi aspetti”, prosegue Pieper, “il biologico è sicuramente meglio del convenzionale”; basti pensare al cattivo smaltimento del letame o all’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi chimici negli allevamenti tradizionali ma in termini di emissioni di gas serra, non c’è poi così tanta differenza”.