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Cop16 si chiude con un’idea eccellente per la biodoversità, il Cali Fund

Al termine della sedicesima Conferenza delle Parti (COP16) sulla biodiversità, svoltasi a Roma dopo una prima fase tenutasi a Cali in Colombia, oltre 140 nazioni hanno concordato una strategia per raccogliere e distribuire 200 miliardi di dollari annualmente entro il 2030, con l’obiettivo di proteggere la biodiversità globale. Questo piano finanziario mira a sostenere la conservazione degli ecosistemi e a fermare la perdita di biodiversità entro la fine del decennio.

Che cos’è (o dovrebbe essere) il Cali Fund

Un elemento chiave dell’accordo è la creazione di un ulteriore strumento, il “Cali Fund”, un fondo globale destinato a canalizzare risorse finanziarie da parte di privati verso progetti di conservazione e tutela della biodiversità. Il fondo prevede contributi volontari da parte di industrie che traggono profitto dall’uso di risorse genetiche naturali, come le aziende farmaceutiche e agroalimentari. Tuttavia, al termine del summit, nessuna azienda aveva ancora effettuato donazioni concrete al fondo e, come ha sottolineato anche Legambiente con una dichiarazione di Stefano Raimondi, responsabile biodiversità, “è stata persa una grossa occasione in questo frangente, quella di rendere obbligatorio il fondo“. Interessante anche la scelta che almeno il 50% delle risorse del fondo sarà destinato ai popoli indigeni, veri custodi della natura. Continua Raimondi: “Ben venga da un lato la conferma a mobilitare a favore della biodiversità almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, anche se le modalità con cui avverrà la gestione dei finanziamenti saranno determinate solo nel 2028. Anche il riferimento all’obiettivo di ridurre, invece, i sussidi alle attività dannose per la natura di almeno 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 appare come una buona intenzione, peccato però che non sia stata definita una cornice di riferimento ad azioni concrete che vincolino gli stati”. 

La prossima conferenza sulla biodiversità è prevista in Armenia nel 2026, dove i delegati continueranno a discutere le modalità di implementazione degli impegni finanziari e delle strategie di conservazione concordate a Roma. L’obiettivo comune rimane quello di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2030, attraverso un impegno finanziario e politico condiviso a livello globale.