Sembrano delle piccole opere d’arte e fanno parte della millenaria tradizione culinaria giapponese: si chiamano Namagashi e sono dei dolcetti coloratissimi (e bellissimi!) a base di zucchero, farina di riso o grano, farciti con la marmellata di fagioli rossi tipica della cucina orientale e tenuti insieme con amidi, per esempio il kuzu, o con l’agar agar. Impossibile non restare affascinati di fronte a queste creazioni 100% vegetali (almeno nella loro versione originale), che rappresentano da sempre la cucina nipponica nel mondo e che vengono serviti per tradizione durante il cerimoniale del tè.
I Namagashi, in realtà, sono una varietà particolare di dolci giapponesi, che nell’insieme vengono chiamati Wagashi. Noti in occidente solo da qualche anno grazie al variopinto e un po’ stravagante mondo dei cartoni animati e dei manga giapponesi, i dolci nipponici hanno alle spalle una tradizione antichissima, oltre che sapori, ingredienti e consistenze molto diversi da quelli a cui siamo abituati con la pasticceria occidentale. In particolare i Namagashi sono creati magistralmente per appagare i cinque sensi: non dei semplici dolcetti da gustare con il tè, quindi, ma dei veri e propri gioielli da apprezzare anche al tatto e alla vista, ammirandone al contempo anche gli aromi e il suono prodotto dal loro nome, che può richiamare poeticamente un fenomeno naturale, dei versi famosi o un oggetto particolare.
La forma e il colore dei Namagashi cambia in base alle stagioni e i soggetti preferiti dai pasticceri sono fiori (in particolare di ciliegio), foglie, petali e boccioli, tutti rigorosamente dai colori tenui e delicati. Parliamo di pasticceri perché, com’è facilmente intuibile, la realizzazione di queste piccole opere d’arte non è affatto semplice e richiede la frequentazione di appositi corsi insieme a un esercizio costante, che può durare anche diversi anni prima che quest’arte sia padroneggiata alla perfezione.
Wagashi: una storia antichissima
La nascita dei dolci giapponesi – il cui nome è composto dalle parole “Wa”, che in giapponese significa “Giappone” e “gashi”, che richiama indistintamente qualcosa di dolce – risale circa al 300 a.C., quando gli ingredienti base erano semplicemente frutta e noci. Nei secoli la pasticceria giapponese si è evoluta, arricchita e modificata anche grazie a influenze e contaminazioni provenienti da altre tradizioni culinarie (prima tra tutte quella cinese), fino ad arrivare alla versione moderna.
Ciò che ha dato un contributo fondamentale alla creazione di questi dolci nella loro versione attuale fu certamente l’introduzione dello zucchero nella cucina nipponica, assente fino al 1300 per via del suo costo molto elevato; fu importato dai portoghesi quando iniziarono a commerciare con il Giappone. Mentre le forme e i sapori dei Wagashi iniziavano a cambiare, questi dolci rimanevano comunque una prerogativa della ricca nobiltà: fu solo durante il periodo Edo (1603-1668) che cominciarono a essere venduti e apprezzati in tutto il paese.
Oggi esistono molte tipologie diverse di Wagashi, che si distinguono in base alla loro forma e agli ingredienti utilizzati e che vengono venduti in Giappone in caffè selezionati, ristoranti e locali in cui viene servito il tè secondo le usanze tradizionali. Tra i più comuni, oltre ai Namagashi, troviamo:
Dorayaki
Famosi per essere il cibo preferito di Doraemon, il gatto robot protagonista dell’omonimo anime, sono una sorta di pancakes che racchiudono una crema dolce a base di fagioli rossi. Nella loro versione moderna possono essere riempiti anche con panna montata, crema pasticcera o panna aromatizzata al tè verde.
Dango
Piccole palline gommose a base di farina di riso, i dango sono ripieni di fagioli rossi e sono un classico della cucina giapponese. La tradizione vuole che vengano serviti su un bastoncino di legno e conditi con una salsa dolce o salata. Nella versione “occidentalizzata” sono accompagnati anche con creme al cioccolato o al tè matcha.
Daifuku
Considerati in Giappone i “dolci della fortuna”, i daifuku sono realizzati con una pasta di riso molto morbida (ed eventualmente colorata) detta mochi e riempiti con marmellata di fagioli rossi, frutta intera e/o creme varie.
Namagashi: la ricetta per farli in casa
Anche se la preparazione dei Namagashi è considerata in oriente una vera e propria forma artistica, nulla vieta di provare a cimentarsi nella loro realizzazione anche a casa. Online esistono diversi video tutorial (un esempio qui in alto) ma anche numerose ricette (alcune da “veganizzare”) per creare da soli questi dolcetti: pochi ingredienti, una certa dose di manualità e un bel po’ di pazienza e il gioco è fatto!