“269” è un vitello come tanti nato in un allevamento per la produzione di latte vaccino in Israele. Sarebbe finito al macello come tutti gli animali nati e cresciuti in allevamenti intensivi. Per fortuna il suo destino è stato diverso: nel 2012 venne liberato il giorno prima di morire da un blitz di alcuni attivisti, 269 è diventato ben presto il simbolo della lotta contro lo sfruttamento e l’uccisione di tutti gli animali, del ricordo di quelli che sono stati sacrificati e torturati e dell’impegno di chi ogni giorno combatte per difendere la dignità e la vita delle creature non umane.
Sasha Boojor, fondatore del movimento di liberazione animale Free269 spiega come è avvenuto il salvataggio di 269: “lo abbiamo tenuto d’occhio e, durante una delle nostre visite più recenti, notammo che egli era stato spostato altrove. Preoccupati che potesse essergli accaduto qualcosa di brutto lo abbiamo cercato fino a che uno dei nostri compagni, Tal Gilboa, chiese al manager dell’impianto: gli fu riferito che il vitello n. 269 era stato portato in un luogo specifico in cui avrebbe dovuto ingrassare rapidamente prima della macellazione. Da allora abbiamo continuato a monitorarlo. A Luglio sarebbe dovuto essere avviato al macello… è stato davvero salvato in extremis”. “Dal momento in cui la notizia dell’avvenuta liberazione del vitello è stata diffusa dal sito del movimento si è osservata una notevole, estatica, presa d’atto da parte di attivisti e simpatizzanti da ogni parte del globo. Questa operazione ha rappresentato un evento storico e mi auguro che divenga fonte di ispirazione in tutto il mondo” conclude Boojor.
La scelta di questo vitello e non di un altro è stata puramente casuale, “un vitello schiavo che è stato scelto fra tante migliaia di vitelli e altri animali schiavizzati dall’animale umano”.
L’ufficializzazione del valore simbolico di questo numero è avvenuta però il 2 ottobre 2012 a Tel Aviv, quando, durante una performance di protesta, 3 attivisti nudi e incatenati si sono fatti marchiare a fuoco su diverse parti del corpo proprio “269”: con questo gesto, fortissimo, si intendeva esprimere solidarietà verso tutte “le vittime dell’olocausto quotidiano che si consuma nell’indifferenza totale del mondo”.
Il video, che ha ottenuto migliaia di visualizzazioni in pochissimo tempo, ha fatto il giro del mondo scatenando ammirazione e scandalo ma soprattutto un fortissimo legame di vicinanza ideologica tra gli antispecisti e gli animalisti di ogni nazionalità; a partire da quella data storica, l’evento (chiamato 269 Life) della marchiatura a fuoco, si ripete ormai periodicamente in molte città del mondo: un appuntamento importantissimo per tutti gli attivisti, uniti per protestare contro la discriminazione di specie.
“Gli attivisti 269 si lasciano marchiare a fuoco nello stesso, medesimo modo con cui gli animali vengono marchiati loro malgrado nelle fattorie e negli allevamenti in tutto il mondo. Questo anonimo vitello maschio, di scarso valore per l’industria alimentare che sfrutta sua madre per estrarre il latte che avrebbe dovuto costituire la sua dieta naturale, resterà immortalato sui corpi di molti di noi e forse tale messaggio di solidarietà, tale atto di attenzione e di amore, riuscirà in qualche modo a cambiare in maniera evolutiva lo sguardo alla vita senziente non umana che generalmente gli rivolgiamo e ad accordare loro pari diritti e dignità” racconta uno dei giovani attivisti.
Come spiega Boojor “Il vitello 269 è stato liberato, ma l’obiettivo primario del nostro movimento è quello di liberare tutti gli animali reclusi e di sottrarli ad un destino di sofferenza e morte”.
Serena Porchera