In Spagna esiste una pratica terribile, mascherata sotto le spoglie di un’antica tradizione popolare, forse ancora peggiore della corrida: parliamo del cosiddetto “toro embolado” (ovvero toro infuocato), una sorta di “versione minore” della più famosa tauromachia nell’arena, ma decisamente più atroce delle corse nelle vie di Pamplona. Ancora oggi in Catalogna e nella Comunità Valenzana è considerato infatti ammissibile dare fuoco a delle torce, realizzate con palle di cotone e stoppa imbevute di catrame, e legarle alle corna di un toro.
A differenza di quanto accade nella corrida, in questa manifestazione non è prevista l’uccisione dell’animale, che però viene terrorizzato e reso furente dal fuoco appiccato sulla sua testa; scopo dei partecipanti a questa assurda manifestazione è quello di sfuggire agli assalti dell’animale, liberato per le vie della città in una zona controllata. La festa si protrae a lungo: il toro viene infatti ritirato solo quando le torce si sono completamente spente.
Un festeggiamento notturno quello del “toro embolado” – probabilmente per godere al meglio dell’effetto abbagliante del fuoco e che non può che apparire come un tentato suicidio da parte di coloro che vi partecipano: gli attimi più pericolosi sono quelli immediatamente successivi all’accensione delle torce quando l’animale, letteralmente impazzito di terrore, scalcia e carica qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Certamente, però, chiunque decida di prendere parte a un certo tipo di manifestazioni ha ben chiaro a quali rischi potrebbe andare incontro. Lo stesso discorso non vale invece per i tori coinvolti, loro malgrado, in queste folli iniziative: sebbene lo scopo finale del “toro embolado” non sia la morte del toro, non è certo escluso che i tori perdano la vita. Proprio qualche giorno fa a Foios, nella Comunità autonoma Valenzana, un toro coinvolto in questi festeggiamenti ha infatti perso la vita, schiantandosi contro un palo durante una folle (e inutile) fuga dal fuoco (nel video in alto). Alcuni hanno addirittura parlato di una volontà di suicidio da parte dell’animale.
Sebbene molte associazioni animaliste spagnole – come Bulls Defenders United – e internazionali si siano schierate più volte contro questa manifestazione, la tradizione sembra avere la meglio sul buon senso una volta di più. Siamo di fronte al classico esempio di attività giustificata con il comodo, facile e conveniente “si è sempre fatto così” utilizzato, oggi come in passato, per rendere accettabili secoli di pratiche aberranti e superstiziose. Di fronte a questo tipo di immagini viene da chiedersi dove sia finita la nostra tanto decantata “umanità”, ma probabilmente la domanda da porsi è un altra: è davvero giusto parlare di “umanità” di fronte a questi orrori? Nessun altro animale al mondo commette simili atrocità per puro diletto, né verso i propri simili né verso animali di altre specie. È davvero giusto, quindi, cercare la nostra umanità perduta – che oggi come in passato non ci ha comunque impedito di torturare, uccidere, seviziare e umiliare altri esseri umani e animali – o non sarebbe forse meglio mettersi sulle tracce di una “bestialità” in grado di salvarci da tutto questo?
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Crediti foto in apertura: Animal Amnesty