In Brasile era una vera e propria “star”, ma di mondano non aveva nulla. La sua vita era l’Amazzonia, intesa sia come popolo che come territorio. Per lei erano strettamente legati, l’uno con l’altro: suor Dorothy Stang la conosceva bene l’Amazzonia, la girava di continuo per stare al fianco degli abitanti locali e dei lavoratori dei campi dell’immensa foresta sudamericana. Dorothy si batteva contro la deforestazione e la deforestazione in Amazzonia significa “campo per coltivare mais e soia per gli allevamenti intensivi“.
La sua ricerca dell’evangelizzazione avveniva casa per casa e aveva due obiettivi: aiutare i più poveri e sensibilizzare sul tema del rispetto verso l’ambiente. Era nata nel 1931 a Dayton, in Ohio, negli Stati Uniti, ma poi era stata naturalizzata brasiliana: all’inizio, nel paese sudamericano lavorava come avvocato per proteggere i più piccoli proprietari degli appezzamenti di terra che dovevano lottare contro i grandi magnati e gli industriali che promuovevano la deforestazione per l’estrazione di sostanze dal sottosuolo, ma anche per proteggerli dalle piccole bande criminali. Da una parte c’erano le popolazioni della foresta, che vivono tuttora perfettamente integrate nella natura e traggono giovamento e cibo dai fiumi, dai torrenti, dai laghetti e dai boschi della zona in cui avevano piantato le loro colture e le basi per i loro villaggi; dall’altra, gli industriali che vedono l’Amazzonia solo come una incommensurabile e infinita fonte di arricchimento. Alla base di tutto, uno Stato centrale che sotto molti punti di vista non riesce a gestire la situazione di questa zona e che, a molti, pare aver alzato bandiera bianca.
Dot, come la chiamavano tutti, per questo riceveva di continuo minacce di morte: industriali, grandi proprietari terrieri e piccole organizzazioni malavitose locali vedevano in lei la nemica più combattiva e temibile perché nessuno come lei era in grado di capire i bisogni delle popolazioni dell’Amazzonia, nessuno come lei era capace di spiegare agli abitanti quello che la deforestazione e l’inquinamento dell’aria, del suolo e del sottosuolo in questa zona di mondo avrebbero potuto comportare. Proprio per questa sua abilità, godeva di una credibilità altissima presso i cittadini: furono proprio l’affetto e la stima che la popolazione le riservavano a spingere la malavita locale a organizzare un agguato di cui cadde vittima la mattina del 12 febbraio 2005. Doveva parlare a un incontro organizzato per discutere dei diritti della popolazione amazzone ma venne giustiziata a colpi di pistola sparati alle spalle da due uomini: con sé aveva solo la Bibbia e alcuni documenti del Sustainable Development Project, un progetto in cui credeva fortemente e di cui si era fatta promotrice insieme alle consorelle della congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur (fondata nel 1804 da Julie Nilliart, la quale venne proclamata santa da Paolo VI nel 1969).
Il suo cadavere venne ritrovato diverse ore dopo, nella foresta. In quel giorno tutto il Brasile rimase col fiato sospeso, pregavano che non fosse avvenuto quello che era il loro timore più grande. A qualche mese di distanza dall’assassinio, il procuratore della Repubblica Felicio Pontes confermò che Dot venne uccisa per la “guerra” che di fatto si consumava tra gli abitanti e gli industriali del settore agricolo, quindi affermò: «Il 12 febbraio 2005 l’Amazzonia ha perso un’amica, ma nello stesso giorno ha avuto il dono di un angelo». Durante una messa celebrata a dieci anni dall’omicidio nella chiesa di San Rafael ad Anapu, comune del Brasile nello Stato settentrionale del Pará, monsignor Erwin Kräutler – vescovo della prelatura di Xingu e presidente del Consiglio Indigenista Missionario – durante l’omelia ha detto: «Quando è stato seppellito il corpo di suor Dorothy abbiamo detto molte volte: “Non la stiamo seppellendo, ma stiamo piantando un seme“. Suor Dorothy è un seme che porterà molti frutti».
Anche nel giorno in cui fu uccisa, Dot indossava una t-shirt bianca con su impressa una scritta verde: si legge «A morte da floresta é o fim de nossa vita». Significa: «La morte della foresta è la fine della nostra vita». A Roma, nello Stato della Città del Vaticano, è in corso la sua causa di canonizzazione: suor Dorothy Stang potrebbe diventare beata nei prossimi anni.
Domenico D’Alessandro – La foto è tratta dal sito catholicsun.org