Si è chiuso, per l’Italia, senza alcun riferimento esplicito all’impatto sul clima dei sistemi di produzione alimentare e con la foto sui social del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, intento a mangiare un “vero hamburger americano nel cuore di Manhattan” il Climate Action Summit dell’Onu. Durante quello che passerà alla storia come il vertice delle Nazioni Unite segnato dal duro discorso di accusa di Greta Thunberg ai potenti del mondo, l’Italia ha ribadito, attraverso le parole di Conte, l’impegno per l’avvio “di un Green New Deal per orientare l’intero sistema produttivo verso uno sviluppo sostenibile e incentivare i comportamenti socialmente responsabili di tutti gli attori economici”.
La posizione italiana e l’hamburger di Conte
Nel concreto, tuttavia, anche a margine del vertice, la delegazione italiana non è entrata nel merito delle misure che intende mettere in campo per raggiungere l’obiettivo concordato con oltre 60 Paesi di azzerare le emissioni entro il 2050. Il punto di partenza dovrebbe essere il “decreto clima” del quale si è iniziato a discutere la settimana scorsa e per il quale andranno trovate le necessarie coperture finanziarie.
Dopo un’intensa giornata di lavoro alle Nazioni Unite, qui a New York, un vero hamburger americano nel cuore di Manhattan pic.twitter.com/KDfNmbkeiz
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) September 24, 2019
Certamente, ha fatto discutere la foto postata sui social dal Presidente del Consiglio che ha celebrato la fine dei lavori Onu sul clima gustando il tipico hamburger americano. Uno scatto criticato da molti, che hanno accusato Conte di mancanza di consapevolezza rispetto a uno dei temi fondamentali nell’ambito del dibattito sui cambiamenti climatici: l’impatto degli allevamenti intensivi per la produzione di carne, considerati tra i principali fattori di emissioni dei gas serra responsabili dell’aumento della temperatura globale. Non a caso, non più tardi di un mese fa, proprio in vista del Summit di New York di questi giorni, anche l’ultimo report dell’Ipcc aveva indicato il passaggio a diete più sane, a base vegetale, come uno dei principali strumenti di mitigazione del clima.
La proposta delle associazioni: tassare la carne
Proprio in vista del passaggio dalle dichiarazioni di intenti al Palazzo di Vetro ai fatti concreti, a suggerire al Governo una strada percorribile sono state nelle ultime ore le principali associazioni animaliste e ambientaliste italiane, che hanno proposto uno stop ai sussidi statali alla zootecnia a fronte di nuovi incentivi fiscali per sostenere il consumo di alimenti a base proteica vegetale. Di revisione dei cosiddetti “sussidi ambientali dannosi” si parla, in effetti, già nel decreto clima. “Chiediamo al Ministro Costa di prevedere nel Decreto Legge sul contrasto dei cambiamenti climatici, un taglio a incentivi, agevolazioni, finanziamenti agevolati, esenzioni da tributi che favoriscono la zootecnia. Al contrario – spiega a questo proposito la Lav – l’inserimento della riqualificazione in direzione di alimenti vegetali proteici come meritevoli di Sussidio Ambientalmente Favorevole”. Allo stesso modo, la Lega per la Protezione Animale suggerisce di scoraggiare, anche mediante tassazione, il consumo di carne, e favorire, invece, quello di alimenti vegetali, anche nelle policy relativi agli appalti della ristorazione pubblica. Infine, è l’ultima proposta della Lav, “includere le emissioni del settore zootecnico nei target di riduzione di emissioni di gas serra”.
La protesta a Roma
Nei giorni in cui si discute di tassare merendine e bibite gasate, posizioni simili a quelle della Lav sulla carne sono state espresse anche dall’Enpa e da Greenpeace, che ha manifestato davanti al Ministero delle Politiche agricole, a Roma, con un gigantesco finto maiale che emetteva fumo dal naso (a simboleggiare il contributo degli allevamenti intensivi alla formazione di gas serra) per chiedere il taglio dei fondi pubblici agli allevamenti intensivi. “È ora di usare il denaro pubblico per sostenere le aziende che producono in modo ecologico, invece di foraggiare un sistema inquinante, dai costi ambientali e sociali insostenibili”, hanno spiegato gli attivisti. “Per limitare l’innalzamento della temperatura globale e per rispettare l’Accordo di Parigi, serve dimezzare produzione e consumo di carne entro il 2050, sostenendo la transizione verso modelli ecologici di produzione del cibo”.