Sono stati raccolti e resi noti i dati riguardanti il numero di animali usati per fini sperimentali nel 2016 e i risultati parlano chiaro: il numero totale di animali è in aumento, nonostante i metodi alternativi siano indicati come prioritari sia nella legge nazionale che nel contesto scientifico e normativo europeo.
Il numero delle cavie stabulate, utilizzate e uccise ogni anno nel nostro Paese, infatti, non solo non cala drasticamente, come ci si aspetterebbe, ma addirittura aumenta, passando dai quasi 587 mila esemplari usati nel 2015 ai quasi 612 mila sacrificati nel 2016. Tra questi topi, ratti, porcellini d’India, conigli, criceti e polli domestici i più utilizzati, senza contare le centinaia di altre specie – tra cui furetti, cavalli e cani – impiegate in misura minore.
In aumento anche l’utilizzo dei macachi, che arrivano ora a essere 454 contro i 224 dell’anno precedente, nonostante “il Ministero possa autorizzare l’impiego di primati non umani solo in via eccezionale” e la Commissione europea abbia prodotto un report molto restrittivo in merito. In più, come sottolinea LAV, un Istituto indipendente olandese – dietro richiesta del proprio Governo – ha addirittura affermato che si potrebbe interrompere l’uso delle scimmie già da subito, definendolo un modello non sostenibile, non solo per motivazioni etiche, ma anche scientifiche e legali. Come se ciò non bastasse, alle torture in laboratorio bisogna aggiungere la privazione della libertà: parliamo infatti di animali che vengono portati via dal proprio habitat naturale, minacciando la biodiversità delle zone in cui vengono catturati (Asia e Africa, per lo più).
Sperimentazione animale, LAV: “Dati allarmanti”
Ai dati sopra citati, spiega LAV, va aggiunto il numero di animali che vengono riutilizzati, ovvero le cavie che vengono sottoposte a due esperimenti diversi, ma anche gli animali modificati geneticamente (topi): parliamo di un sistema in cui si inseriscono, nel DNA dell’animale geni o tratti genici che portano l’informazione legata alla malattia umana, dove metà degli embrioni muore durante il periodo gestazionale oppure viene soppressa perché nasce priva della modifica genetica richiesta. Sono quasi 217 mila, infine, le procedure inerenti la ricerca di base, che non prevede nessun obbligo di legge e che dovrebbe vedere un drastico calo delle autorizzazioni. Questo perché, come spiega LAV, le norme nazionali e internazionali prevedono che sia “consentito l’utilizzo degli animali ai fini scientifici soltanto quando, per ottenere il risultato ricercato, non sia possibile utilizzare altro metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente valida, ragionevolmente e praticamente applicabile che
non implichi l’impiego di animali vivi”.
Le alternative, invece, ci sono eccome. Come ha spiegato ai nostri microfoni Susanna Penco, ricercatrice dell’Università di Genova che da sempre lavora nel campo della sperimentazione medica senza l’utilizzo di animali, “i test condotti sugli animali sono per la maggior parte dei casi di scarsa rilevanza perché non sono specie-specifici. Addirittura, secondo la Food and Drug Administration (USA), il 90% (92%) dei farmaci testati sugli animali e risultati efficaci con quel modello, non passano i test clinici“. Nonostante ci siano campi in cui la ricerca scientifica non possa, per legge, non prevedere l’impiego di cavie animali (come nel caso dell’epilessia), la dottoressa Penco spiega che “ci sono moltissimi campi in cui la ricerca avanzata senza modello animale funziona, anzi funziona meglio di quella tradizionale”.
“Quando smetteremo di considerare gli animali oggetti da sfruttare e prenderemo coscienza che sono esseri senzienti, come riconosciuto scientificamente e nel trattato di Lisbona? – afferma Michela Kuan, biologa, responsabile LAV Ricerca senza animali – Dobbiamo superare l’obsoleto vincolo del ricorso al modello animale, dando al nostro Paese lo slancio verso la ricerca del futuro, per motivazioni etiche e scientifiche, e rivolgendoci a una ricerca utile ed affidabile. L’Europa chiede e parla di una scienza diversa, che identifica i metodi alternativi come prioritari con l’unico e chiaro obbiettivo di una ricerca senza animali“. A questo proposito, spiega LAV, nei giorni scorsi è stato inaugurato il primo Centro Interuniversitario Italiano dedicato alla promozione dei principi delle “3R” (sostituzione, riduzione e raffinamento delle procedure con animali) nella didattica e nella ricerca.
Crediti foto in apertura: Huffington Post
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