Giacomo e Silvia sono di Roma ma erano in vacanza a Pescara quando hanno saputo della situazione della Sfattoria: sono arrivati subito sul posto per manifestare il proprio sostegno. Poi c’è Beatrice che viene da Verona, ha preso il treno, è da sola ma la situazione per lei era troppo grave per poter rimanere a casa. Ecco anche Patrizia, 74 anni che con la sua roulotte ora è alla Sfattoria: ha portato tutti i soldi della sua ultima pensione per pagare il cibo per gli animali.
Loro sono solo alcuni dei circa 250 cittadini che hanno deciso di recarsi di persona presso la Sfattoria degli Ultimi, un rifugio alle porte di Roma nord che ospita 140 fra maiali e cinghiali salvati da situazioni di pericolo e sfruttamento e che ora rischiano di essere abbattuti per mezzo di scosse elettriche a causa della normativa per il contenimento della peste suina africana. Gli animali del rifugio però, che rientra nella zona rossa sancita dalla Regione Lazio per l’emergenza, non sono malati e sono completamente separati da contatti con altri suini i cinghiali e non entreranno mai nella filiera della carne. Questa malattia non è trasmissibile da animale ad uomo.
Questi cittadini, alcuni dei quali essi stessi gestori di altri rifugi, dormono da giorni accampati, nonostante il caldo e la pioggia che imperversano sul Lazio. “Questo luogo ha bisogno di tutti, e non c’entra essere vegani, qui ci battiamo per il riconoscimento del diritto degli animali che non vengono pensati culturalmente come animali domestici” spiega Giacomo. “Sappiamo che la normativa prevede di abbattere gli animali infetti o sospetti infetti – dice invece Silvia – ma ci sono situazioni in cui è necessario cercare delle altre strade, oltre al fatto che questi animali sono riconosciuti come sani. È come se per un a febbre felina si dovessero uccidere tutti i gatti che stanno nel perimetro di 10 chilometri, è assurdo, questi animali non escono da qui”.
Beatrice, 42 anni, autistica, fa la costumista, ha preso il treno ed è arrivata qui da Verona e sta informando tutte le persone che conosce, attivisti e non: “Ho fatto lo zaino e sono arrivata. Per la mia condizione questo stress psicofisico non è facile ma lo sto facendo per queste creaturine che per me sono la vita, voglio difenderli il più possibile.
La nostra inviata Daria Falconi, riferisce che sul posto ci sono circa 250 persone ma che moltissimi camper e auto stanno giungendo in questo momento alla Sfattoria dopo aver saputo della notizia della prima bocciatura dei ricorso da parte del TAR del Lazio.