Il mito che è più urgente sfatare nell’ambito dell’alimentazione, secondo Antonino Frustaglia Direttore Medico dell’Area Socio Sanitaria nell’Istituto Piero Redaelli di Vimodrone, vicino Milano (che si dichiara «né vegetariano né vegano»), è che è impossibile vivere bene senza mangiare carne, quindi senza «ammazzare animali per poterci nutrire». «Se uno sta bene – spiega – può nutrirsi prevalentemente di proteine di origine vegetali, se può evitare quelle di origine animale non ci sono controindicazioni. Il tutto sta nel mangiare con intelligenza. Al mondo vegano – afferma infine Frustaglia – va riconosciuta una grande capacità, quella di stimolare un’attenzione sul cibo che lo allontani e ponga attenzione ai danni che la proteina animale può provocare sull’uomo».
Ed ecco come nasce il progetto ideato da Antonino Frustaglia: portare l’alternativa vegetale anche in ospedale e consigliarla. Nelle sue mani ci sono più di 300 posti letto, pazienti in particolar modo anziani che quindi rappresentano una fascia della popolazione molto delicata. Per loro l’alimentazione è molto importante nonché una questione cruciale: capire bene cosa possono e cosa non possono mangiare, in base alle patologie di cui soffrono, è essenziale. «Si tratta di dare la possibilità ai degenti di poter scegliere e, se vogliono, anche ricevere un consiglio dai sanitari rispetto a cosa desiderano mangiare», dice il professor Frustaglia intervistato da Vegolosi.it, secondo cui il problema è soprattutto culturale. Il progetto è nato «per la mia esperienza personale, osservando la clinica e le abitudini: si tratta di pazienti che hanno varie patologie che spesso provocano delle infiammazioni nell’organismo. Visto che la scienza sa che la carne in molti casi provoca delle infiammazioni, ho pensato che potesse essere utile dare ai pazienti delle proteine vegetali».
Da qui il collegamento con le intolleranze ai latticini e ai prodotti caseari, emerse storicamente nel momento in cui sono apparsi sulle nostre tavole prodotti che anni fa non facevano parte della nostra alimentazione. Per questo, secondo il dottor Frustaglia, è fondamentale avere un’alimentazione varia – e nel caso soprattutto degli anziani – basata principalmente sulle proteine vegetali. Il progetto del Redaelli di Vimodrone «ha avuto una serie di ostacoli iniziali di natura culturale, dai medici alla parte amministrativa, fino ai parenti dei pazienti», ma ora che il piano è partito ed è anche stato perfezionato dal punto dei vista dei cuochi dell’istituto, la risposta di pazienti e personale è migliorata sensibilmente: i pazienti, ad esempio, gustano il polpettone di lenticchie esattamente come consumavano, tempo fa, il polpettone di carne.
Il dottor Frustaglia prosegue definendo «molto confusivo» il livello di informazione sulle tematiche alimentari in possesso della società odierna, ma questo «è interesse di un certo tipo di cultura confondere le persone facendo credere, su una base generica apparentemente condivisibile, che si sta bene mangiando “un po’ di tutto”, quando invece questo “un po’ di tutto” include formaggi, uova, carne, latticini, ossia tutti alimenti di origine animale che alla lunga provocano ipertensione e colesterolo».
Molti studiosi, spiega Frustaglia, «hanno consigliato di assumere proteine animali per non più del 10% sul totale della nostra alimentazione: noi invece assumiamo in media proteine animali per il 26%, più del doppio di quanto ci serve». Questo principio, però accusa il Direttore Medico dell’Area Socio Sanitaria nel Redaelli di Vimodrone, «non è proprio della classe medica, che è stata educata in modo frettoloso se non insufficiente da un’università che non ha molto interesse nel fatto che il medico conosca l’importanza e il potere del cibo all’alimentazione. Da ciò, è nato un modo di ragionare che l’industria ha contribuito a creare, disorientando le persone verso ciò che serve davvero nella loro alimentazione».