Vegolosi

Seta vegana: ecco come nasce il tessuto che ama le farfalle

Essere vegani è uno stile di vita, che influenza non solo i momenti dei pasti ma anche tutto il resto della quotidianità. L’abbigliamento, ad esempio: i vegani scelgono tessuti la cui lavorazione non ha causato sofferenza o la morte di animali. Spesso non è facile trovarli, così come è tavolta complesso scoprire come sono stati ottenuti i tessuti dei vestiti che si trovano nei negozi. Nella lavorazione della seta comune, ad esempio, per ottenere i bozzoli interi vengono uccisi nell’acqua bollente i bachi: occorre uccidere circa tremila bruchi per ottenere circa 250 grammi di seta, la quale poi spesso viene trattata con elementi chimici. Esiste però una seta particolare la cui realizzazione non richiede tutto ciò: è la seta ahimsa, in Italia chiamata “seta buretta“, definita “non violenta” in quanto non comporta l’uccisione dei bachi.

Come si realizza la seta vegana?

Proviene dalla seta selvaggia che si ottiene aspettando che i bachi da seta abbiano completato la metamorfosi e siano volati via sotto forma di farfalle. Una volta andato via l’insetto, restano pezzi minuscoli del filo tessuto nel bozzolo e tagliato dal baco proprio per trasformarsi. A lavorare con grande perizia su questi pezzi di filo, adesso più difficile da maneggiare, è una cooperativa di donne indiane dello stato del Chattisgarth che, partendo da questo, crea sciarpe, scialli, copriletto e veri e propri abiti. Oltre a essere naturale e a non causare l’uccisione degli animali, dunque, le lavoratrici che permettono di realizzare la seta ahimsa hanno dato vita a un progetto sociale per uno sviluppo eco-sostenibile. A differenza della seta più comune, quella ahimsa è meno lucida ma molto più morbida al tatto e sulla pelle. Se la lavorazione è obiettivamente più impegnativa, il risultato non comporta alcun dolore nei bachi e regala al pianeta tutte le farfalle che naturalmente possono nascere, in quella che è una delle opere d’arte più sensazionali della natura.