“Se questo è progresso” potrebbe essere il titolo della foto che vedete qui sopra. Zhong Zhong e Hua Hua hanno un nome, ma non gli servirà a molto. Questi due macachi di 6 e 8 settimane sono il risultato di clonazione genetica, come spiegato sulla rivista “Cell”: esattamente come accadde con la pecora Dolly, 19 anni fa, anche loro sono frutto di esperimenti che hanno portato all’obiettivo di clonare una specie molto simile all’uomo. Secondo ENPA e LAV non c’è nulla di cui rallegrarsi, però, perché il futuro della scienza non può essere questo.
“Parlare in questo caso di progresso ci sembra del tutto fuori luogo – spiega ENPA – la clonazione dei primati, oltre ad essere eticamente inaccettabile, avviene nel solco di un metodo, la sperimentazione animale, che sempre più spesso viene messo in discussione dagli stessi scienziati. Il vero obiettivo di questa operazione dunque sembra essere quello di creare, come è stato detto, un esercito di animali con cui riempire i laboratori, naturalmente, e con cui macinare profitti”.
“Questi due cuccioli – spiega Michela Kuan, Biologa, responsabile Area Ricerca senza animali LAV – si aggiungono alla lunga lista di animali chimera che non hanno nessun senso in natura, se non diventare dei tristi esperimento-giocattolo, il futuro di questi due animali è decisamente incerto”. Ma il modo in cui si è arrivati a questo risultato è altrettanto discutibile. Qiang Sun, direttore del Nonhuman Primate Research Facility dell’Accademia cinese delle scienze, ha spiegato che sono stati impiantati 79 embrioni in 21 madri surrogate e queste sono le uniche scimmiette nate vive su 6 gravidanze. Il 75% degli embrioni animali clonati muore entro i primi due mesi di gravidanza e che comunque il 25% nasce morto o con deformità incompatibili con la vita, come è stato dimostrato da uno studio di Nature Genetics (DOI: 10.1038/ng841) – basato su dati INFIGEN (una delle multinazionali che ha nella clonazione il proprio core business) e su studi di Atsuo Ogura (National Institute of Infectious Diseases di Tokyo).
L’ENPA insiste: “Invece di puntare su filoni di ricerca molto più promettenti, come i modelli di simulazione computerizzata o le coltivazioni cellulari in laboratorio (con questo sistema la Johns Hopkins di Baltimora ha sviluppato mini-cervelli umani) una parte del mondo scientifico continua a seguire strategie anacronistiche e controproducenti, vista la differenza biologica tra un organismo animale e uno umano. E, di conseguenza, l’impossibilità di trasferire tout court all’uomo i risultati degli esperimenti condotti su topi, cani e primati”. Negli occhi di questi due esseri viventi ci sono tutte le domande da farsi, basta cercarle.