Lo scorso 2 novembre un gruppo di attivisti per l’ambiente ha bloccato il Grande Raccordo Anulare a Roma per sensibilizzare il governo sul tema della crisi climatica. Fra gli automobilisti bloccati sulla strada fra le 8,15 e le 8.55 del mattino c’era anche uno scienziato ambientale che ha dialogato in modo diretto coi manifestanti.
“Questo non è contrastare il cambiamento climatico, perché farlo significa avere un atteggiamento attivo nei confronti dell’ambiente – ha detto l’uomo che è sceso dalla macchina per parlare con gli attivisti seduti sulla carreggiata – quello che state facendo è bloccare il traffico, facendo in modo che altro smog venga prodotto dalle auto in coda”. Uno degli attivisti risponde però che non è possibile “guardare il dito mentre ti indico la luna, noi stiamo parlando al governo per farlo intervenire”.
Lo scienziato risponde: “Ma tu non ci andrai sulla luna, inizia a mettere uno scalino per arrivarci, io lo faccio ogni giorno andando a lavorare per questo. Da scienziato ambientale – continua – ti posso dire che la transizione ecologica non la fai così. Ci sono centinaia di progetti di piantumazione, per esempio, per mitigare l’inquinamento ambientale e funzionano, venite con me in macchina a lavorare che manca gente che ci aiuti a piantumare per fermare attivamente questo problema”.
Di recente il dibattito sulle proteste per la crisi climatica è sempre più acceso anche dopo le azioni nei musei internazionali: alcuni attivisti, infatti, nelle settimane scorse hanno gettato cibo contro i vetri delle cornici che proteggono alcuni quadri importanti come “I girasoli” di Van Gogh esposti alla National Gallery di Londra. Il dibattito verte su un punto: queste manifestazioni sono utili ai fini dell’obiettivo, ossia sensibilizzare la popolazione e mandare segnali ai governi?