Riflettori ancora puntati sul mattatoio di Frosinone, già denunciato ai NAS dalla LAV per maltrattamento e violazione delle norme per il trasporto degli animali. L’associazione italiana NOmattatoio, infatti, ha organizzato per oggi un sit-in di protesta di fronte alla Asl di Frosinone e, poi, al mattatoio stesso per chiederne la chiusura, ma anche l’individuazione dei responsabili dei maltrattamenti. Lev Tolstoj diceva: “Se i mattatoi avessero le pareti di vetro, tutti sarebbero vegetariani”. Ma quello che accade all’interno di queste strutture è ben lontano dagli occhi di tutti e servono investigazioni sotto copertura per portare alla luce la verità.
Frosinone: torture e violenza tra le pareti del macello
Le immagini di quanto accadeva a Frosinone – girate sotto copertura grazie all’associazione Free John Doe – sono andate in onda durante l’ultima puntata di “Animali come noi” e hanno scosso l’opinione pubblica. Bufalini presi ripetutamente a calci sul muso, storditi male e ammucchiati sul pavimento dopo essere stati sgozzati. Mucche sottoposte alle scosse del pungolo elettrico per innumerevoli volte e perfino un minore che infierisce con estrema crudeltà sugli animali, ormai inermi. Vere e proprie torture, che hanno portato alla chiusura del mattatoio per accertamenti, dal 19 al 26 aprile. La giornalista Giulia Innocenzi (che, a quanto pare, parteciperà al sit- in) riporta sulla sua pagina Facebook, però, che la struttura ha ormai ripreso la propria attività, nonostante i responsabili delle violenze non siano ancora stati individuati. “Possiamo e dobbiamo far cessare l’attività di questo mattatoio – scrive l’associazione NOmattatoio su Facebook – e anche se sappiamo che con questo lo sfruttamento animale purtroppo non finirà, il raggiungimento di un risultato simile significherebbe moltissimo a livello simbolico”.
Allevamenti intensivi: la situazione in Italia
Quello di Frosinone non è un caso isolato. Grazie alle investigazioni sotto copertura delle associazioni animaliste, sappiamo con certezza che maltrattamenti e violenza sono la prassi negli allevamenti intensivi italiani. “Animali privati di tutto, sofferenti, agonizzanti, in mezzo a un odore indescrivibile – ha dichiarato ai nostri microfoni Claudio Pomo, responsabile delle campagne di comunicazioni dell’associazione Essere Animali – e rumori collegabili alla prigionia: sbarre, catene, gabbie. Il mondo degli allevamenti italiani in tutto questo non è diverso da quanto mostrato in documentari americani o europei”. Lo dimostrano anche gli orrori scoperti in un allevamento che produce Prosciutto di Parma, una delle eccellenze italiane nel mondo. Ma la legge, nel nostro paese, non tutela questi animali. Lo ha detto ai nostri microfoni l’avvocato Alessandro Ricciuti, che da alcuni anni si è specializzato nella tutela legale degli animali. “Il benessere animale è ben lontano dall’essere garantito dalle regole attuali – ha dichiarato – che non rispettano l’etologia di questi individui. In più, spesso gli allevatori non adottano nemmeno gli standard minimi richiesti per legge e la motivazione è certamente economica: gli allevamenti intensivi seguono delle logiche industriali e di produzione in serie che consente di abbattere i costi e di abbassare il valore di ogni singolo animale sul mercato”.
Crediti foto in apertura: NOmattatoio
Allevamenti: “Italia come gli altri. La carne non è più sana”