Morire a 19 anni, freddato da un colpo di fucile sparato da un cacciatore durante una battuta di caccia al cinghiale. È quanto è accaduto ieri, domenica 30 settembre, al giovane Nathan L., escursionista di Ventimiglia, ucciso da un proiettile all’addome. Secondo una prima ricostruzione, il proiettile sarebbe stato esploso da un cacciatore di 29 anni, che deteneva regolarmente il fucile e avrebbe scambiato il ragazzo per una preda. A niente è valso l’intervento del personale del 118, del Soccorso Alpino e dei Vigili del Fuoco, coadiuvati da un’equipe medica intervenuta direttamente sul posto, per il giovane non c’è stato niente da fare. Il ragazzo è stato colpito alla schiena.
19enne ucciso da un cacciatore, l’indignazione degli animalisti
La dinamica dei fatti è ancora da chiarire, ma il cacciatore è indagato adesso per omicidio colposo. Immediata è scattata la reazione delle associazioni animaliste, che si sono schierate contro l’attività venatoria. “Un’ennesima vittima innocente – ha commentato Edgar Meyer, presidente dell’associazione Gaia Animali & Ambiente – Eppure sarebbe così semplice evitare queste morti innocenti: basterebbe mettere fuorilegge un “passatempo” contro la natura, contro le persone, contro gli animali“. L’associazione chiede anche “che sia depositata e calendarizzata al più presto una proposta di legge che abolisca un’attività inutile e dannosa. Basta spezzare vite umane e animali per “divertimento!“, conclude Meyer.
Un commento simile è arrivato anche da Enpa, che ha parlato di “emergenza sicurezza“. L’Ente Nazionale Protezione Animali chiede infatti – tramite la consigliera nazionale Annamaria Procacci, responsabile dell’Ufficio Fauna Selvatica di Enpa – di sospendere immediatamente la stagione venatoria 2018/2019 per motivi di ordine pubblico. “Ormai è indiscutibile che nel nostro Paese esista un’emergenza sicurezza – dichiara Procacci – e che questa emergenza sia legata all’esercizio della caccia. La morte del 19enne, alla famiglia del quale esprimiamo la nostra solidarietà, è solo la punta dell’iceberg di una pratica che ogni anno causa milioni di vittime animali e decine di vittime umane, anche tra gli stessi cacciatori. La situazione è ormai fuori controllo”. L’associazione chiede al governo italiano un intervento immediato, per fermare quella un’attività che “riduce la natura a monopolio di un “esercito venatorio”, di età sempre più avanzata e quindi sempre più pericoloso, la cui attività ludica prevale addirittura sul diritto alla sicurezza dei cittadini”.
Caccia: tutti i numeri di uno “sport” anacronistico
Secondo LAV le specie animali considerate cacciabili nel nostro paese sono 48, con circa 600 mila cacciatori in attività. Secondo l’associazione, ogni anno possono venire uccisi legalmente 464 milioni di animali, circa 5 milioni per ogni giornata venatoria, 500 mila per ogni ora, 139 al secondo. Numeri a dir poco impressionanti, ma bisogna tenere conto che molto spesso, purtroppo, gli animali non sono le uniche vittime dell’attività venatoria: secondo l’associazione Vittime della Caccia, infatti, “nella stagione venatoria 2017-2018 sono stati 34 i civili non cacciatori coinvolti (24 feriti e 10 morti), 81 i cacciatori (61 feriti e 20 morti) e 3 minori vittime (2 feriti e un morto) per un totale di 115 vittime per armi da caccia/cacciatori“.
A tutto questo si aggiunge il problema ambientale: secondo Gaia Natura & Ambiente, “i fucili dei cacciatori italiani vomitano sul territorio del Belpaese 50 milioni di cartucce. A raccoglierle tutte se ne farebbe un mucchio di 10 mila metri cubi. Vengono così disperse nell’ambiente migliaia di tonnellate annue di piombo sotto forma di pallini, che si accumula sul fondo di laghi, fiumi, stagni e boschi italiani, che già non godono di grande salute. Senza contare le tonnellate di plastica dei bossoli non raccolti dai cacciatori, che avrebbero l’obbligo di farlo”. Anche se, secondo le stime, il numero dei cacciatori sarebbe in lenta ma costante diminuzione, il loro numero rimane comunque ancora troppo alto perché possa considerarsi sostenibile.
Da non dimenticare, comunque, è che nel 1990 in Italia si tenne un referendum che – sebbene non avesse raggiunto il quorum – portò il 92% degli italiani a schierarsi contro la caccia; ancora oggi, secondo i dati Eurispes, 8 italiani su 10 sono contrari a questa attività. Proprio per dare voce a questa maggioranza di cittadini, LAV è scesa in campo già lo scorso anno con la petizione “basta sparare”, per chiedere una nuova legge che vieti la caccia sul territorio nazionale e garantisca la protezione degli animali selvatici in quanto esseri senzienti.