Per la nostra rubrica “L’esperto risponde” abbiamo raggiunto il dottor Biagio Tinghino, medico vegetariano, internista, esperto di dipendenze, tabagismo e nutrizione umana. Tinghino è anche autore del libro pubblicato da Tecniche Nuove “Vivere senza carne“. A lui abbiamo rivolto tutte le domande che sono pervenute alla nostra redazione sulla nostra pagina Facebook e via mail Ecco che cosa ci ha raccontato.
Qual è il ruolo dei legumi in una dieta a base vegetale?
I legumi costituiscono un alimento indispensabile per una alimentazione sana. Si può vivere benissimo (direi meglio) eliminando la carne dalla dieta, come ho da poco scritto nel mio libro Vivere Senza Carne, ma in questo caso occorre avvicinarsi ad una alimentazione in cui i legumi siano riccamente rappresentati. In questo la natura ci viene incontro, fornendo una grande varietà di questi cibi, sia sul piano del contenuto nutrizionale che dei sapori.
Quali sono le dosi raccomandate?
Se si è adottata una scelta latto-ovo-vegetariana consiglio di consumarne almeno 2-3 volte la settimana. Chi ha fatto una scelta vegana, invece, dovrebbe usarli praticamente tutti i giorni. Ma non bisogna pensare che ciò sia monotono, soprattutto se includiamo in questa categoria la soia e i suoi derivati. Per esempio, iniziando la giornata con un bicchiere di latte di soia, si è consumata già una prima “porzione” di legumi. Una porzione di legumi è di circa 100/120 g da cotti.
L’assunzione di grandi quantità di legumi, magari quotidiana, può comportare a lungo termine problemi all’organismo?
Assolutamente no. Anzi. Molti studi confermano il ruolo protettivo dei legumi nei confronti delle patologie cardiovascolari e dei tumori, sia grazie alla ricchezza di fibre che per la presenza di antiossidanti. Nei legumi sono presenti anche alcuni anti-nutrienti, come i fitati o alcune anti-proteasi. Si tratta di sostanze che riducono l’assorbimento di alcuni sali minerali e delle proteine. A causa di questa constatazione si sono diffuse notizie infondate sulla pericolosità della soia. La verità è che tali molecole non sono solo presenti nella soia, ma in tutti i legumi e in moltissimi cereali. In qualsiasi caso i procedimenti di cottura utilizzati comunemente risolvono il problema. Le anti-proteasi, per esempio, vengono inattivate dall’ammollo e dalla temperatura a cui vengono sottoposti i legumi per renderli commestibili.
Legumi e cereali: è vero che devono essere consumati insieme per assumere la giusta quantità di aminoacidi essenziali?
Sì. I cereali sono piuttosto poveri di alcuni aminoacidi, quelli solforati, che invece sono presenti in discrete quantità nei legumi. L’associazione permette di avere proteine di alto valore biologico.
In che modo deve avvenire questa combinazione?
Per esempio mangiando pasta e fagioli, riso e lenticchie, o utilizzando il pane per accompagnare i minestroni di legumi, come d’altronde la tradizione mediterranea di insegna da millenni. E’ piuttosto difficile, d’altra parte, fare dei pasti “monocibo”. Succede piuttosto spontaneamente che si associno gli alimenti, perché così i pasti sono più buoni e più vari. La presenza nella dieta di legumi e di cereali, comunque, può non essere sempre nello stesso pasto. Se si mangiano ceci a pranzo e cereali la sera, per esempio, l’assimilazione degli aminoacidi complementare sembra avvenga ancora abbastanza bene. Importante non distanziare ulteriormente le due categorie di cibi.
Come dovrebbero essere cucinati i legumi perché conservino tutte le loro proprietà nutritive?
I legumi vanno lavati abbondantemente e messi in ammollo per circa 12 ore. Dopo si passa alla cottura. Io consiglio di buttare l’acqua dopo i primi 2-3 minuti di bollitura e rimetterne di nuova. Poi la cottura deve avvenire finché la buccia sia ben morbida e facilmente masticabile. A quel punto tutti gli antinutrienti sono stati eliminati.
A questo proposito: meglio i legumi secchi o in scatola?
Se si ha tempo è preferibile usare legumi secchi. Ma bisogna sfatare l’idea che nei legumi in scatola siano presenti conservanti. Non sono necessari, perché la conservazione avviene in modo efficace con la chiusura della confezione ad alta temperatura. Il processo è molto semplice e, alla fine dei conti, utilizza modalità innocue.
Esistono patologie del nostro organismo incompatibili con il consumo di legumi?
Sì, basti pensare al favismo. Si tratta dell’assenza per questioni genetiche della glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), un enzima importante nel metabolismo dei glucidi. Il termine “favismo” è piuttosto riduttivo, perché il problema può essere scatenato da altri legumi, cibi o farmaci. Oltre a ciò esistono delle intolleranze personali a specifici legumi, sebbene la loro prevalenza sia molto minore di quanto si pensi.
È vero che per aumentare l’assorbimento del ferro dei legumi, questi andrebbero consumati insieme alla vitamina C? Se sì, come e attraverso quali alimenti deve avvenire questa integrazione?
Il ferro che si assorbe meglio è quello di tipo “eme”, contenuto nella carne, che non risente della composizione del resto della dieta. Il ferro vegetale, invece, si assorbe meno bene, ma questo inconveniente si supera se l’alimentazione è ricca di proteine, se la sua presenza è associata a cibi acidi e vitamina C. Al contrario, riducono l’assorbimento del ferro le fibre (anche quelle presenti nei legumi e nelle verdure, o nei cibi integrali), i fitati e i latticini. I farmaci che riducono l’acidità gastrica inibiscono l’assorbimento del ferro (inibitori della pompa protonica, come l’omeprazopolo, il pantoprazolo e similari). Non parlo, per ovvi motivi, di patologie specifiche che danno malassorbimento, perché rientrano in una materia squisitamente medica. Ci troviamo, come si vede, davanti ad un problema che ha due facce. Da una parte siamo certi del beneficio dei vegetali e dei cereali integrali, ricchi di fibre, dall’altra parte il loro consumo riduce l’assorbimento del ferro, ma non solo, anche del calcio, del magnesio e altri elementi. La soluzione può consistere nell’aumentare l’introduzione di ferro, per compensare il ridotto assorbimento. I vegani dovrebbero orientarsi verso una assunzione ben superiore ai 10 mg al giorno previsti per tutti e dei 18 mg previsti per le donne che hanno le mestruazioni. Il consiglio che fornisco è di arrivare a 25-30 mg al giorno. Un altro espediente pratico è di condire con una abbondante spruzzata di limone alcuni piatti vegetali ricchi di ferro (es. l’insalata di fagioli o le bistecche di soia). Una spremuta di arancia usata come bevanda può essere un’alternativa per migliorare l’assorbimento di ferro durante un pasto. Pochi sanno, inoltre, che il pane preparato con lievito madre aiuta l’assorbimento del ferro.
Il consumo di legumi è spesso associati a gonfiore addominale; esistono degli accorgimenti per ovviare a questo disturbo?
I legumi sono ricchi di fibre, alcune delle quali difficilmente solubili per loro natura. Nonostante ciò, alcune ricerche hanno evidenziato che la principale causa del gonfiore è l’incapsulamento dell’amido dentro porzioni di buccia non ben frantumata. In pratica, masticando male, il tegumento dei legumi non viene rotto, i carboidrati restano dentro e questo impedisce loro di venire in contatto con gli enzimi pancreatici. Una volta giunti nel colon fermentano. La soluzione è dunque costituita da una buona cottura, una accurata masticazione e – nei casi più difficili – dalla frammentazione attraverso un frullatore ad immersione. Chi ha più problemi può addirittura filtrare le bucce ed eliminarle, oppure può consumare legumi decorticati.
Il mio punto di vista è che bisognerebbe aumentare il consumo di legumi, non solo per recuperare la parte migliore della Dieta Mediterranea, ma anche per ridurre i rischi connessi al consumo eccessivo di derivati animali che caratterizza l’alimentazione occidentale. E’ un consiglio che do non solo a chi ha fatto una scelta vegetariana, ma anche a chi segue una dieta onnivora, quantomeno per migliorare la qualità della propria alimentazione. Si tratta di cibi a basso costo, facilmente conservabili e trasportabili, ricchi di nutrienti. Potrebbero costituire una delle soluzioni al problema della fame nel mondo, se solo si comprendesse che l’economia agricola deve orientarsi verso questo tipo di produzione e non verso gli allevamenti intensivi. Le soluzioni ai grandi problemi non sempre richiedono risposte complesse, ma spesso bastano piccoli cambiamenti diffusi, sostenuti da cultura e consapevolezza.