L’acqua che consumiamo non è solo quella che beviamo o che usiamo per lavarci i denti, cucinare, lavare: esiste anche quella che il professor Arjen Hoekstra nel 2002 ha definito “acqua virtuale”. Si tratta, in breve, dell’acqua dolce che viene utilizzata per produrre un bene o un servizio. Hoekstra, professore dell’Università di Twente in Norvegia, ha pubblicato uno studio proprio relativo all’impiego di acqua virtuale legata alla produzione e al consumo di carne e latticini: i dati sono molto interessanti, come lo è il fatto che grandi associazioni e realtà che si battono per la salvaguardia delle risorse idriche mondiali, come il World Water Council, non facciano mai riferimento a questo collegamento. Ma vediamo i dati forniti dal sito “Acqua virtuale”.
Il confronto con cereali e frutta è presto fatto: un pacco di riso da 500 grammi costa in acqua virtuale circa 1700 litri di acqua dolce. Il riso grezzo, infatti necessita di circa 2300 litri di acqua per chilogrammo ma da un chilo grezzo di ottengono circa 700 grammi di riso bianco. Passiamo ad un esempio ortofrutticolo, i pomodori, ossia uno dei vegetali che necessitano più acqua per poter crescere: per un pomodoro da 70 grammi abbiamo bisogno di circa 70 litri di acqua dolce.
Il professor Hoekstra nel suo studio spiega:
- Il consumo di prodotti animali costituisce più un quarto dell’impronta idrica dell’umanità. L’acqua necessaria
per produrre mangime è il fattore principale dietro l’impronta idrica di prodotti di origine animale. Rivedere la composizione dei mangimi e l’origine degli ingredienti dei mangimi è essenziale per fare in modo di ridurre l’acqua - L’impronta idrica di qualsiasi prodotto animale è più grande dell’impronta di un prodotto vegetale sapientemente scelto con equivalente valore nutrizionale.
- Nei paesi industrializzati, lo spostamento verso una dieta vegetariana può ridurre l’impronta idrica legate al cibo di persone del 36%.
- Ridurre l’impronta idrica di carne e latticini richiede un interesse politico a livello internazionale e trasparenza della catena produttiva e della filiera.
Lo stesso Hoekstra spiega, nelle conclusioni del suo studio, che la politica non ha mai dato una grossa rilevanza al rapporto tra produzione di carne e impiego di acqua, valutazione di cui si sono accorti molto presto anche gli autori del documentario “Cowspiracy” la cui riflessione partì proprio dalla considerazione legata allo spreco dell’acqua e dal silenzio delle maggiori associazioni ambientaliste mondiali su questo tema.