Plastic Ocean Art Installation by Tan Zi Xi from MessyMsxi on Vimeo.
Era l’agosto del 2016 quando Tan Zi Xi ha lanciato la sua installazione “Plastic Oceans” per avviare un processo di sensibilizzazione nei confronti dell’inquinamento delle acque dovuto alla plastica. È passato più di un anno e ci chiediamo quale sia ad oggi la situazione. La risposta arriva dall’indagine Beach Litter 2017, condotta da Legambiente: l’associazione ha monitorato 62 punti del litorale italiano e ha rilevato in media 670 rifiuti ogni 100 metri lineari di costa, al primo posto la plastica. L’unione Europea si prefigge di raggiungere il buono stato ambientale, per le acque marine di ogni stato membro, entro il 2020.
La plastica che stiamo accumulando anno dopo anno nelle nostre acque sta dando vita, tuttavia, a degli accatastamenti che potrebbero essere riconosciuti come dei veri e propri Stati, tale è la loro estensione. L’installazione “Plastic Ocean” racconta questo devastante problema facendo riferimento, soprattutto, all’oceano Pacifico: una stanza, una pioggia di plastica e luci blu immergono lo spettatore in un’ambiente acquatico e portano a galla nelle coscienze la consapevolezza sull’inquinamento. L’opera, della giovane artista di Singapore, ci spinge a cambiare prospettiva trasformandoci tutti in pesci nel tentativo di accorciare le distanze tra noi e un habitat (messo gravemente in pericolo) che sembra non riguardarci. Chi visita l’installazione è subito immerso in un oceano di plastica: la plastica ingloba tutto in maniera claustrofobica, lo spazio, le persone e la visuale. Sono oltre 20.000 rifiuti di plastica quelli che Tan Zi Xi ha usato per il suo progetto, raccolti e sistemati all’interno dell’installazione.
La sensibilizzazione: primo passo per la soluzione del problema
Il quadro che si dipinge fa molta paura, ed è per questo motivo che Tan Zi Xi ha dedicato la sua carriera artistica alla sensibilizzazione di un tema così delicato come l’inquinamento. Il percorso che ha portato questa artista a realizzare un’installazione è iniziato dalle illustrazioni: immagini realizzate con una certa delicatezza che contrasta con la drammaticità di quello che raccontano. Un contributo importante, quello della giovane artista, che con il suo impegno prova a scuotere le coscienze per giungere insieme ad una soluzione.
Le isole di plastica
Studi e ricerche ci dimostrano la portata dell’inquinamento marino: ed eccole, le “isole di plastica”, ossia cumuli di spazzatura galleggiante che vagano per mari e oceani soffocando flora e fauna.
- Nel 1997 è stata rilevata la Pacific Trash Vortex un grande accumulo di immondizia composto soprattutto dalla plastica, nel Pacifico del nord, formatasi all’inizio degli anni ’80 e in continua crescita. Oltre 21 mila tonnellate di microplastica, in un’area di qualche milione di chilometri quadrati con una concentrazione massima di oltre un milione di oggetti per chilometro quadro.
- Nel Pacifico del sud (a largo del Cile e del Perù), invece, è presente un isola di plastica grande otto volte l’Italia, più grande del Messico e quanto tutto il mar Mediterraneo. Questi accumuli sono soprattutto di microplastiche, difficili anche da ripulire.
- I mari non sono da meno però: nel Mediterraneo, tra l’Italia, la Spagna e la Francia, sono presenti 500 tonnellate di rifiuti di plastica. La zona più densamente inquinata però è quella del mar Tirreno, a largo dell’isola d’Elba.
Le conseguenze: terribili
Questi rifiuti possono intrappolare, ferire o essere ingeriti da tartarughe, mammiferi, uccelli marini, invertebrati e pesci. L’ingestione dei rifiuti di plastica, in particolare, provoca soffocamento, malnutrizione ed esposizione alle sostanze tossiche contenute o adsorbite dalla plastica. Inoltre, le plastiche nell’ambiente si degradano ad opera di raggi UV, vento, moto ondoso e altri fattori, e si frammentano in pezzi sempre più piccoli, impossibili da rimuovere e da individuare: le microplastiche, sono ormai presenti in gran parte degli organismi marini. Inoltre i rifiuti offrono un mezzo di trasporto alle specie aliene per raggiungere nuovi ambienti, al di fuori dei loro confini naturali, mettendone in pericolo la biodiversità, come riscontrato anche nel Mediterraneo.
Uno scenario molto preoccupante che ci porta a riflettere sul nostro contributo. Infatti la maggior parte degli oggetti di plastica, per la precisione il 54%, sono di origine casalinga. Questo vuol dire che le nostre piccole abitudini e scelte quotidiane possono incidere sulla risoluzione del problema.