Vedi dalla seconda ora di trasmissione
“Attenzione alla mamma vegana”: alle spalle di Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita su La7, campeggia questa scritta mentre scorrono le immagini dei servizi del giornalista Andrea Casadio che è andato a trovare tre famiglie vegane che hanno deciso di crescere i propri figli seguendo la cultura vegana. La trasmissione andata in onda ieri, 2 Marzo 2017, ha lasciato per ultimo lo spazio dedicato al tema dell’alimentazione vegana nei bambini. Il risultato? Come sempre pessimo, perché invece di fornire informazioni oggettive, nel bene e nel male, l’operazione è stata quella di setacciare i fatti attraverso la maglia del pregiudizio e della paura verso ciò che non è espresso dal coro dei più. Passano immagini di bambini privati del cibo “buono”, di mamme un po’ strane che mangiano alghe e strani preparati a base di cereali mai sentiti, di mariti costretti a nascondere il formaggio in casa per non sentirsi accusati di nefandezze. L’immagine emersa è quella del vegano freak, un rompiscatole che piange mentre accarezza i maiali salvati dai macelli e che “bruca l’erba”.
Le famiglie dei bambini vegani
Francesca e i suoi quattro bambini, tutti vegani, è abbastanza nota, se non altro perché i suoi figli non solo sono sanissimi, ma sono anche eccezionalmente belli. Nella loro casa Casadio rimane per ben quattro ore, come ha raccontato lei stessa subito dopo la trasmissione sul suo profilo Facebook: “Abbiamo fatto del nostro meglio – spiega – quattro ore di intervista. Sono andati fino in camera da letto, oltre che in frigo, abbiamo discusso di possibilità migliorative per le mense degli asili, la volontà di instaurare un dialogo, hanno anche parlato con Enrico (il marito, ndr) di antispecismo, politica del dominio, etica ed ecologia con testi e appunti in mano e poi… l’unica battuta di Enrico è stata: “Francesca fa un ottima zuppa di pomodori e alghe”. L’indagine approfondita nella casa di Francesca allo scopo di individuare le stranezze della sua casa non porta grandi frutti, ma ecco l’occasione d’oro: un cane e dei gatti in casa, i gatti mangiano la carne. Scatta il gioco comunicativo delle opposizioni esclusive: “La carne per il gatto sì, ma per i bambini no”. L’informazione è servita secondo Casadio: non c’è tempo per capire, l’importante è lasciar intendere che la carne è fondamentale e che questa mamma è davvero un po’ toccata, nutre bene il gatto e male i figli, è pericolosa. Non parliamo poi di quelle “goccine di B12” ogni giorno e della vitamina D data ai quattro bambini: prendono le medicine per essere vegani come imposto loro dai genitori. Peccato che Corrado Formigli si sia dimenticato di invitare qualcuno che spiegasse che cosa è la vitamina B12 e che chi mangia carne la assume solamente perché agli animali viene somministrata nei mangimi attraverso altri integratori: un giro più lungo durante il quale a farne le spese è il bovino. Poi scorrono altri servizi: il pediatra Massimo Resti, direttore della pediatria medica del Meyer di Firenze spiega che arrivano sempre più casi di bambini con gravi deficienze vitaminiche, soprattutto della ormai famosissima vitamina B12: non ci sono numeri, non si danno parametri. Quanti sono questi casi? Quanti sono quelli di ragazzini obesi e malnutriti per eccesso? Non è dato saperlo, o meglio, non interessa. La parola d’ordine come sempre in televisione è rassicurare chi è a casa: “Tranquilli, fate bene a fare quello che state facendo, non dovete cambiare le vostre abitudini”.
Camila, Claudia, le iniezioni e l’erba da brucare
Lo avevamo già scritto: Claudia Zanella e suo marito non hanno e non stanno facendo un buon servizio all’immagine della cultura vegana. Quando la televisione cerca di far passare l’immagine che chi sceglie un’alimentazione a base vegetale è strano, alternativo e anche pericoloso per gli altri, cercare di fare ironia sul “brucare l’erba da un vaso”, non è l’idea più brillante.Costruire la “macchietta” di un futuro marito che viene obbligato a mostrare le analisi del sangue prima di poter conquistare il cuore di una ragazza vegana, non giova affatto all’informazione e, capiamoci, non perché l’ironia non sia fondamentale, anzi, bensì perché non è quella la sede: troppo poco tempo, troppa voglia dall’altra parte di creare un cliché.
Camila Raznovich, il tocco di “cazzeggio” (come lo definisce lei stessa) della parte dedicata al veganesimo, parla della sua esperienza di bambina in India in una comune: “Mangiavamo riso e carote bollite, sono stata molto male, ho passato i 5 anni successivi ad ammazzarmi di carne e a fare iniezioni di ferro”, la conduttrice sostiene che non sia giusto imporre ai bambini il vegan, che debba essere una scelta libera. Non c’è dibattito, nessuno che spieghi che l’alimentazione vegana non ha niente a che vedere con il riso bollito, che non si può parlare di imposizione, perché questo presuppone che ci sia una cultura giusta ed una sbagliata, perché è come dire che se una famiglia è atea e non battezza il figlio, sta imponendo la propria scelta, e che una famiglia cattolica che lo battezza sta facendo altrettanto. Si chiama cultura, e ogni famiglia trasmette la propria ai propri figli.
Tanta paura, pochi dati
Carla Tomasini, pediatra vegana, fa la faccia giusta quando il pediatra Massimo Resti spiega che “Se i bambini mangiano tutto, allora non hanno bisogno dei nutrizionisti“. Qui torna lo spettro più cupo, quello dell’espressione usata a dovere da chi è vegano e mai utilizzata da chi non lo è, ossia “ben pianificata”. Mangiare tutto non significa non dover seguire delle linee guida, soprattutto nei più piccoli. Sì ma i casi di bambini denutriti? Claudia Zanella e Carla Tomasini cercano di spiegarlo: “Si tratta di genitori incoscienti“. Esatto, non sono genitori vegani, sono genitori che hanno deciso di dare il latte di mandorle ai neonati, che non li nutrono adeguatamente che, spesso, hanno paura dei pediatri perché temono di essere giudicati e non accettati: “Non lo dico che mio figlio è vegano, altrimenti me lo portano via” spiega la mamma del bambino francese intervistato da Casadio. c’è forse tempo di raccontare dei “bambini vegani meravigliosi” raccontati nel documentario di Veggie Channel insieme alla Società Scientifica di nutrizione vegetariana? No: mostrare bambini sani che mangiano vegano significa minare delle certezze, allarmare chi da casa, l’indomani, dovrà andare a fare la spesa e comprare una vaschetta di petto di pollo a 3 euro sgattaiolando ben lontano dal reparto dei semi oleaginosi e della frutta secca, che “costano tanto e fanno ingrassare”. Sant’Agostino scriveva: “L’abitudine a cui non poniamo resistenza diventa necessità”. Non c’è niente da fare, la televisione non è il mezzo per parlare in modo normale e intelligente di vegano nonostante le migliori intenzioni e la migliore preparazione di chi vi partecipa: troppi setacciatori, pochi giornalisti.