Di questo passo, entro il 2048, tutti i pesci che siamo abituati a consumare potrebbero scomparire dal Mediterraneo. Tutta la popolazione mondiale consuma più risorse di quelle che abbiamo a disposizione e lo conferma il World Overshoot Day, il giorno in cui il consumo di risorse naturali supera la capacità rigenerativa del pianeta.
Mentre l’anno scorso è stato tristemente celebrato l’8 agosto, quest’anno sarà anticipato al 5 giugno, segnale inequivocabile che c’è qualcosa che non funziona nel nostro modo di alimentarci. È appunto il settore ittico ad affrontare la crisi più evidente, anche nel nostro paese: lo scorso 1 aprile, secondo uno studio della New Economics Foundation, è scattato infatti per l’Italia il “Fish Dependence Day”. Si tratta del giorno in cui termina l’autosufficienza di prodotto ittico, ovvero la capacità di soddisfare la domanda interna con il pescato dalla flotta nazionale. In tre mesi, insomma, abbiamo esaurito tutte le risorse ittiche del 2017. È naturalmente la pesca indiscriminata che va avanti da anni a rappresentare il pericolo maggiore per i mari che, come già accennato, rischiano di svuotarsi in un futuro molto vicino.
Italia, 25 kg di pesce pro capite: troppo per i nostri mari
Secondo lo studio, in Italia consumiamo circa 25 kg di pesce pro capite all’anno, una quantità insostenibile per i nostri mari. Secondo il rapporto Coop 2016, l’allarme OMS sulla pericolosità della carne rossa e lavorata per la salute nel nostro paese ha purtroppo dirottato i consumi verso il pesce. A fronte di una diminuzione del 13% del consumo di carne dal 2010 al 2016, infatti, si registra un aumento del consumo di pesce del 77%. Questo aumento della richiesta – impossibile da sostenere solo con la pesca in mare aperto – ha fatto sì che una buona parte del pesce che finisce sulle nostre tavole provenga, necessariamente, dagli allevamenti. Secondo un reportage della trasmissione tv “Indovina chi viene a cena”, però, il pesce degli allevamenti è dannoso per la salute, per via delle sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene presenti nei mangimi con cui vengono nutriti i pesci.
A tutto questo dobbiamo aggiungere che, come per gli allevamenti intensivi a terra, questi luoghi presentano situazioni critiche per il benessere degli animali: condizioni di vita pessime, vasche piccole e insufficienti per condurre una vita dignitosa e somministrazione di grandi quantità di vaccini sono la norma nei grandi allevamenti ittici. Una sofferenza silenziosa a cui mettere fine il prima possibile per la nostra salute, gli animali e l’ambiente.
Italia: meno carne ma più pesce, l’allarme OMS sposta i consumi, ma…