Una nuova investigazione. Questa volta condotta a bordo di un peschereccio a largo della costa sarda per documentare le modalità della pesca intensiva a strascico. Si intitola “Morire soffocando: la lenta agonia dei pesci nei mari italiani” il nuovo video diffuso da Animal Equality Italia. Girate da un investigatore sotto copertura che è riuscito a ottenere accesso a un peschereccio sardo, le dure immagini mostrano quello che avviene durante una normale giornata di pesca a strascico nei mari nostrani, dalle reti che catturano centinaia di migliaia di pesci indipendentemente dalla specie alla lenta morte per soffocamento dei pesci, strappati al loro habitat naturale, fino alle pratiche che vedono gli operatori a bordo dei pescherecci sventrare o surgelare pesci ancora vivi o ributtare in mare come rifiuti le specie invendibili, ormai già morte.
“Tutte queste pratiche mettono in luce due elementi molto importanti su cui dovremmo focalizzarci in futuro: la sostenibilità ambientale e la sofferenza degli animali”, spiega Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia. “Non possiamo più sfuggire a tutto questo perché i nostri mari stanno risentendo notevolmente di queste pratiche spesso incontrollate, senza contare che la letteratura scientifica ormai ha dimostrato che anche per i pesci valgono quelle caratteristiche che normalmente attribuiamo agli animali, ovvero la sensibilità al dolore e agli stimoli negativi e la sofferenza sotto stress”.
A monte, sottolinea l’organizzazione per la protezione animale, c’è la difficoltà a empatizzare con i pesci, che appartengono a una dimensione diversa da quella terrestre, “ma come ammiriamo la loro bellezza e sinuosità nei documentari televisivi o quando li osserviamo durante le nuotate estive – sottolinea Animal Equality – così ci dimentichiamo che cosa vuol dire per loro venire strappati al loro ambiente, trascinati ammassati nelle reti a strascico e poi lasciati agonizzare per minuti e ore sul ponte delle navi, prima di venire uccisi e congelati”.
A fronte di un vertiginoso aumento di richiesta di carne di pesce ci sono, poi, ricorda ancora Animal Equality, i dati che arrivano da organizzazioni internazionali come la Fao, che sottolineano il rischio che i nostri mari, in modo particolare il Mediterraneo, rimangano completamente privi di pesce entro il 2048. Sono proprio le rilevazioni Fao a dirci che quest’anno l’Europa ha terminato le proprie scorte di pesce lo scorso 9 luglio. Peggio ha fatto l’Italia, che ha raggiunto il cosiddetto “Fish Dependence Day” già ad aprile ultimando, di fatto, le proprie scorte di pesce annuali in poco più di tre mesi. Sotto accusa sono proprio le modalità di pesca indiscriminate dal momento che, come ricorda ancora la Fao, il 33% degli stock ittici globali è attualmente in stato di sovrasfruttamento, il che significa che la popolazione mondiale consuma più pesce di quanto le risorse ittiche consentirebbero.
“Una delle minacce messe in luce proprio da questi enti sovranazionali, è la pratica costante di pesca illegale, che in Italia ha toccato le 10mila ore solo al largo della Sicilia. Auspichiamo – conclude Cupi – che sempre più persone si rendano conto di cosa vuol dire davvero consumare così tanto pesce e lavoreremo in futuro sempre di più per mettere in luce tutte le contraddizioni di questa industria”.