Ci sono posti più particolari degli altri, più importanti, più delicati. Per questo la notizia dell’apertura della prima pasticceria vegan nei Territori Palestinesi è bella per svariati motivi. Non semplicemente per la novità in sé di un nuovo negozio veg, quanto proprio per il luogo in cui nasce: una parte di mondo in cui da decenni sono abituati a fare i conti con missili, bombe e guerre; in cui le città sono “occupate”; in cui tra gli abitanti ci sono “rifugiati”, “profughi” o più semplicemente “vittime di guerra”. La notizia dell’apertura di una pasticceria veg nel campo profughi di Jalazoun, nella parte di West Bank dei territori palestinesi occupati è, finalmente, una bella notizia. Dietro questo progetto c’è Khaled Safi, fratello del direttore della Animal League per la Palestina, l’associazione che si occupa di difendere i diritti degli animali e che ha ottenuto in gestione uno dei palazzi rimasti in piedi dopo i bombardamenti per farne la propria sede (dove ora svetta un bellissimo murales con il disegno di un tenero gatto). Il ragazzo, anch’egli animalista, ha spiegato che la sua mossa è stata piuttosto facile: ha sostituito il latte di mucca con il latte di soia e poi ha eliminato le uova, preferendole la margarina vegetale. Nessun impatto sui costi, il gusto è uguale, a guadagnarne sono gli animali e la natura.
Ma l’obiettivo di Khaled è anche quello di rifornire la vicina città di Ramallah, che ciclicamente torna nei notiziari internazionali per breaking news di tutt’altro tenore. Eppure anche lì si intravedono piccoli segnali di cambiamento alimentare: i menu veg sono sempre più diffusi nei negozi e nei ristoranti della zona, che adesso puntano tantissimo sui prodotti a chilometro-zero ma anche su quelli cruelty-free. Anche questa, nel suo piccolo, è una notizia di pace.