Vegolosi

Nelle mani della natura. Come dieci milioni di specie ci salvano la vita

Si dice che il battito d’ali di una farfalla possa provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Nonostante la teoria sia entrata a far parte dell’immaginario collettivo, la nostra specie sta dimenticando che tutto è, innegabilmente, connesso. Con il saggio Nelle mani della Natura. Come dieci milioni di specie ci salvano la vita la scienziata Anne Sverdrup-Thygeson regala un promemoria prezioso per l’umanità: non è troppo tardi per tornare a meravigliarsi e salvare questo pianeta.

La lezione dell’ostrica

L’ostrica, da secoli apprezzata perché a volte al suo interno si trova una perla, nasconde un segreto meno conosciuto: un solo esemplare di questo mollusco è in grado di filtrare dai 40 ai 50 litri di acqua da particelle inquinanti e impurità. Questo significa che se avessimo un fondale fluviale ricoperto di ostriche, avremmo un vero e proprio sistema di depurazione naturale, gratuito e in grande stile. Eppure a oggi in Norvegia (dove se ne trova gran parte degli esemplari esistenti al mondo) solo un terzo dei fiumi è ancora abitato da ostriche. Il problema, infatti è che per ottenere una sola perla occorre aprire e uccidere migliaia di ostriche e negli anni non si è mai smesso di farne razzia; inoltre, ad oggi, sono gravemente minacciate dalla pesca, dall’inquinamento, dal riscaldamento delle acque e dalla scomparsa dei pesci che, grazie a processi simbiotici, permettono loro di maturare.

Quello di Anne Sverdrup-Thygeson, professoressa alla Norwegian University of Life Sciences e consulente scientifica dell’Istituto norvegese per la ricerca sulla natura, è una sorta di “dizionario delle meraviglie” che racconta più di cinquanta storie di animali e della loro infinita ricchezza e complessità. Le parole d’ordine nel saggio sono “interazione” e “connessione”: la nostra inevitabile ignoranza sulla complessità che ci circonda e sul ruolo degli altri esseri viventi, anche al fine di garantirci una vita come la conosciamo, è un retaggio con il quale stiamo facendo i conti. Manca, anche a livello scolastico e nelle informazioni che riceviamo quotidianamente da tv e giornali, il seppur minimo approfondimento su quanto la nostra esistenza sia strettamente collegata a quella degli altri animali che abitano questo pianeta lanciato nello spazio. Sverdrup-Thygeson parla di “amnesia ecologica”.

L’amnesia ecologica

Chi non si occupa di scienza, non solo ha difficoltà a cogliere l’importanza di ogni specie per la nostra esistenza – sostiene la biologa – ma stenta a comprendere l’impatto delle proprie azioni poiché non ne vede l’effetto immediato. Di generazione in generazione stiamo finendo per considerare “normali” gli ecosistemi deteriorati e, di conseguenza, agire per porre rimedio alle nostre “tradizioni” di consumo, sembra tutt’altro che urgente. Ecco il significato di shifting baseline, ossia il continuo spostamento dei riferimenti relativi allo stato di degradazione dell’ambiente di cui siamo vittime incoscienti insieme a migliaia di altri animali. Insomma non riusciamo a capire, per esempio, che senza l’ostrica non andremmo molto lontano.

Madre natura, la farmacia più fornita

Tra le pagine del libro si procede per macro temi: dalle specie animali e vegetali che depurano l’acqua, passando per una sezione dedicata agli impollinatori si arriva a una delle più interessanti, quella legata all’ambito farmaceutico. Se, infatti, dal salice
piangente abbiamo tratto l’aspirina e dai papaveri la morfina, non tutti sanno che l’albero di tasso si è rivelato un alleato incredibile per una cura in particolare: quella contro il cancro. Il nostro rapporto con questa pianta è secolare: il più antico utensile di legno mai ritrovato nella storia è fatto di legno d’albero di tasso, ma la svolta arrivò nel 1940: negli Stati Uniti il National Cancer Institute inaugurò una collaborazione con il dipartimento per l’Agricoltura al fine di tentare di individuare nella natura nuovi farmaci antitumorali. Nell’arco di vent’anni vennero passate in rassegna più di trentamila specie ma fu solo nel 1962 che ci si imbatté nel tasso del Pacifico. Nella corteccia di questa milleseicentocinquantcinquesima pianta analizzata (denominata perciò B-1625) venne scoperta una sostanza, il tassolo – in America denominato paclitaxel – che inibiva la mitosi delle cellule cancerose. Ad oggi, è uno dei medicinali antitumorali più economicamente efficienti mai prodotti. Il successo di questa scoperta portò però a una grave conseguenza: migliaia di alberi vennero abbattuti dato che il tassolo si estrae tramite la scortecciatura che, praticata sull’albero vivo, ne provoca la morte. Considerando che per ottenere un chilo di tassolo occorrono dieci tonnelate di corteccia, le conseguenze a lungo termine di tale scoperta furono ovvie. Negli anni ‘90, però, il settore farmaceutico individuò il modo di sintetizzare il paclitaxel in laboratorio permettendo all’albero di tasso di rimanere nella categoria delle specie vulnerabili ma senza entrare in quella delle specie a rischio.

Il polline, alleato delle investigazioni

Ma non solo le indagini mediche sono connesse con la natura attorno a noi: il polline, per esempio, è una preziosissima fonte di informazioni sul clima e sulla vegetazione d’altri tempi, è in grado di rivelare se un quadro è autentico, di sbugiardare un medicinale contraffatto o, ancora, di aiutare la polizia durante le indagini. La scienza che lo studia si chiama “palinologia” (“la scienza delle cose che si spargono”, in greco antico). Se, ad esempio, si volesse scoprire come era fatta una volta la foresta vergine europea basterebbe prelevare dei campioni di paludi e fondali: presenterebbero pagi-ne, come dei libri, ma al posto della decifrazione delle parole dovremmo ricorrere allo studio di pollini. Le particelle organiche che compongono il polline, infatti, svelano dove si trovava un oggetto o un individuo nel tempo e nello spazio, e vengono tuttora utilizzate nelle indagini sulle falsificazioni, sui furti e addirittura sulle aggressioni. Sverdrup cita anche un aneddoto, fra i tanti riportati nel saggio, ricco di annotazioni e con una consistente bibliografia ma in questo caso senza riferimenti temporali, di un carico di scotch, il prezioso distillato che fece un lungo viaggio via mare ma venne poi trafugato. Il destinatario del carico, racconta sempre l’autrice, trovò all’interno del pacco solo delle pietre calcaree che avevano come scopo quello di imitare il peso delle bottiglie. La polizia allora, incaricata di districare la vicenda, ricorse a un’attenta analisi dei micro-fossili presenti nelle pietre: questo permise loro di individuare il substrato roccioso riducendolo a uno specifico porto marittimo dove le indagini si infittirono al punto da riuscire a mettere in manette il responsabile. Una vicenda che ricorda in modo impressionante le indagini del detective romanzesco di Baker Street Sherlock Holmes che, grazie all’analisi delle qualità di fango, tipiche di varie zone del Tamigi riesce a ricostruire storie e percorsi dei propri clienti o sospettati.

Sulle spalle della natura

È questa la chiave insolita, a tratti ironica a tratti amara, con la quale Anne Sverdrup ci ricorda che il rapporto di interdipendenza tra noi e l’ambiente è una delle soluzioni per comprendere lo stato delle cose: “La Natura è come una cattedrale, puoi pensare di andar lì e rilassarti, e finalmente comprendere che sei solo una specie su 10 milioni che ti circondano“. Niente più era dell’ego, in cui tutto ritorna sempre all’uomo ceco, che avanza verso la distruzione, bensì un ritorno alla meraviglia davanti al fiore di loto che sotto la pioggia non si bagna, alla luminescenza che sprigiona il fungo o ancora dinnanzi ai fiumi fluttuanti che trasportano l’acqua sopra gli alberi della foresta amazzonica.

Questo l’intento del suo saggio tradotto in 25 lingue in un solo anno: risvegliare le coscienze assopite partendo dallo stupore per giungere alla spinta all’azione per una maggiore tutela verso quello che non ci appartiene. “La somma di tutte le altre specie – e di tutti gli altri individui – è infinitamente maggiore del numero di esseri umani – ricorda Anne Sverdrup-Thygeson -. È bello sedersi su spalle più grandi quando si è così piccoli... Un po’ come quando mio nonno mi prendeva in spalla. Ma è importante non stringere troppo il collo di chi ci regge, perché altrimenti non respira”.