Sembra essersi finalmente conclusa per il meglio la lunga diatriba che ha visto protagonisti il Comune di Merano e una mamma vegana, che aveva richiesto un menu senza derivati animali per il proprio figlio a scuola. Per la seconda volta in due anni, lo stesso Comune ha tentato di esimersi dall’obbligo di fornire un menu vegano ad un alunno, prima al nido e poi alla scuola dell’infanzia e, per ben due volte, questo tentativo si è infranto contro le decisioni del tribunale.
Il primo ricorso e la sentenza
Nel 2015 il bambino in questione era stato espulso dal nido perché la mamma aveva rifiutato di produrre un certificato di buona salute e di effettuare controlli medici periodici che garantissero la buona salute del figlio. Inutile sottolineare che queste richieste da parte degli istituti scolastici non sono la prassi: in questo caso specifico riguardavano soltanto questo bimbo, solo perché vegano. La mamma ha fatto immediatamente ricorso al TAR per chiedere la riammissione del piccolo nell’istituto: il tribunale ha accolto la richiesta, avviando però una serie di udienze per poter giungere a una sentenza. E questa è arrivata, dando ragione alla mamma, anche perché le misure richieste dalla scuola contrastavano con le disposizioni del Ministero della Salute, che già nel 2010 dichiarava che “vanno assicurate anche adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Tali sostituzioni non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori”. Il Comune è quindi stato condannato a pagare le spese legali, dal momento che “quand’anche dovesse ritenersi legittimo l’obbligo imposto dal Comune di Merano di produrre un’attestazione medica per poter esercitare la scelta del menù vegano – si legge nella sentenza – la conseguenza per l’omessa produzione dell’attestazione richiesta avrebbe dovuto essere, semmai, la somministrazione del pasto standard, non l’esclusione del bambino dalla frequenza dell’asilo nido”.
La seconda sentenza: il TAR dà ancora ragione alla mamma
Le vicissitudini di questa mamma, purtroppo, non si sono concluse con questa sentenza: lo scorso settembre, nel passaggio del bambino dal nido alla scuola dell’infanzia (sempre a Merano), al bambino è stato nuovamente negato il menu vegano. Il motivo? Secondo il legale della donna, l’avvocato Carlo Prisco, il Comune avrebbe lamentato la difficoltà nel garantire “troppe opzioni alimentari”, professandosi anche “preoccupato per lo squilibrio della dieta vegana”: il risultato sono stati solo piatti di pasta o riso in bianco per il piccolo, a scuola. Una decisione assolutamente ingiustificata quella del comune, che ha portato la mamma a fare nuovamente ricorso al TAR. L’avvocato Prisco sottolinea che “nel secondo processo il Comune di Merano non ha neppure provato a contestare la fondatezza scientifica delle ragioni dell’alimentazione vegana e si è ben guardato dall’affermare che ciò avrebbe potuto pregiudicare la salute del bimbo”. Questa circostanza, secondo il legale, rappresenta già di per sé l’implicito riconoscimento di come affermare che l’alimentazione vegana in un bambino possa costituire un rischio per il suo sviluppo è del tutto priva di fondamento. Anche in questo caso il TAR ha annullato il provvedimento del Comune, condannandolo per la seconda volta al pagamento delle spese legali e, cosa ancora più importante, a fornire al bambino piatti senza ingredienti animali, così come richiesto dalla famiglia.”Sebbene l’intera vicenda sfiori il grottesco e sia del tutto paradossale che la stessa pubblica amministrazione, già condannata a ottemperare certi dettami, soltanto nel giro di pochi mesi abbia potuto nuovamente disattenderli – afferma l’avvocato Prisco – si può ben sperare che questa ennesima riconferma possa servire quale risposta definitiva a tutti i dubbi e le incertezze attorno alla questione dell’alimentazione vegana nelle scuole e nei confronti dei minori”.
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