Stomaci deboli, questo progetto non fa per voi. Robbie Postma, chef, e Robert Harrison, fotografo, si sono incontrati a un premio dell’agenzia pubblicitaria J. Walter Thompson di Amsterdam (da sempre attiva nel campo della contaminazione delle arti) e hanno dato origine a una collaborazione “macabra” per mostrare il lato “horror” del cibo attraverso la destrutturazione di un menù.
Il menù di un ristorante, spiegano i due, non è nient’altro che una storia, con un arco narrativo caratterizzato da una conclusione – il piatto finito -, che può essere scomposto nei suoi singoli elementi primitivi (gli ingredienti). Servendosi del suo stesso corpo, Postma ha riprodotto visivamente le sensazioni, le emozioni, le tensioni che stanno dietro all’esperienza di cenare in un ristorante.
Strizzando l’occhio all’opera dell’italianissimo Arcimboldo, reso immortale dai suoi ritratti che quasi per effetto di un sortilegio alchemico riproducono le fattezze dei volti sotto forma di vegetali, Harrison mostra gli ingredienti nella loro “brutalità”, senza alcun intervento di manipolazione fotografica utilizzando il corpo umano come una tela, una materia che può essere plasmata a piacimento, concetto ripreso dalla body art.
Cibo e genere horror
Nelle arti visive e nel cinema la contaminazione con il mondo del food è molto forte. Banalmente, il genere splatter si serve di litri e litri di sangue finto realizzato proprio grazie a ingredienti di cucina: fino all’introduzione del colore era lo sciroppo di cioccolato (perfetto per rendere il contrasto tra bianco e nero) il segreto che si celava dietro alla scene sanguinolente, progressivamente sostituito negli anni da sciroppo di mais e colorante alimentare rosso (il cosiddetto Kensington Gore).
Addirittura nel 1978 il cinema demenziale di serie B (molto in voga in quegli anni) ha partorito una pellicola intitolata Attack of the Killer Tomatoes! (L’attacco dei pomodori assassini), dove i protagonisti dell’invasione alla Terra sono proprio gli innocui ortaggi, in questa versione senzienti e più combattivi che mai. Il film ebbe ben tre sequel e divenne un vero e proprio cult per gli amanti del genere trash.
Serena Porchera