McDonald’s Italia è Official Sponsor di Expo 2015, la notizia è arrivata pochi giorni fa e la polemica è divampata veloce, come previsto e, probabilmente, calcolato, dagli stessi organizzatori di Expo 2015. Il tema scelto “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” pare proprio non potesse trovare un veicolo migliore a cui affidare la sua diffusione che la multinazionale americana che serve ogni giorno 70 milioni di persone con i suoi pasti fast.
Fra i compagni di strada di Expo 2015 c’è anche un nome eccellente, un simbolo di qualità vera, Slowfood che, sul suo sito, ha dichiarato apertamente la sua posizione rispetto all’accaduto: “La presenza di McDonald’s significa che il pianeta potremo continuare a ingozzarlo a fast food o a junk food – chiamatelo come volete – senza curarci troppo del suo stato di benessere” – e ancora “è gravissimo avere scelto come interlocutori della visione sul futuro alimentare del pianeta coloro che sono tra i maggiori responsabili dei problemi e delle contraddizioni insanabili del sistema alimentare attuale.” Non una vera levata di scudi dato che Slowfood non ha posto nessuna condizione sulla sua presenza alla manifestazione, ma un segnale netto: se parliamo di come nutrire il pianeta non possiamo parlare con chi contribuisce a creare gli stessi danni a cui si cercano risposte.
Ma cosa ci fa McDonald’s dentro Expo? Presenta il progetto “Fattore futuro” ossia offre a 20 imprenditori agricoli, under 40, di diventare fornitori della catena di fast food per tre anni, sempre che abbiano fra le mani un bel progetto legato alla sostenibilità ambientale. Ovviamente non poteva mancare un’area ristorante da 300 posti per 400 metri quadrati più 200 di terrazza che, all’interno di Expo.
Le dichiarazioni politiche di Giuseppe Sala, Amministratore Delegato di Expo, e di Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali rimangono sul progetto “Fare Futuro” e sull’apprezzamento dello sforzo della multinazionale di trovare vie per valorizzare le filiere alimentari e i prodotti del territorio: nessuno fa riferimento al cibo servito, alla sua qualità e salubrità. Se l’obiettivo di Expo, come segnalato sul sito ufficiale è “dare una risposta concreta a un’esigenza vitale: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri” qualche cosa non torna, non torna la presenza di Coca Cola, non torna quella di Mc Donald’s e, ci permettiamo, torna ancora meno l’assenza di un’attenzione particolare al tema dell’alimentazione vegetariana e vegana che ha a che fare con la domanda di cui sopra molto più che bibite zuccherate e panini iper calorici e che non ammuffiscono mai.
Che le multinazionali siano interlocutori imprescindibili ad un tavolo sul futuro dell’alimentazione, nessuno lo nega, anzi. Il problema è che Expo, come giustamente segnalato anche da Slowfood, dovrebbe dare linee guida, fornire esempi di buone pratiche, porsi quasi come parte terza: workshop, seminari, tavole rotonde alle quali invitare tutti, comprese le grandi major, sarebbe giusto e anche utile per porre domande, chiarire pratiche e trovare soluzioni, insomma confrontarsi, magari anche con i cittadini, ma fare in modo che a quelle tavole siano loro ad apparecchiare e portare il pranzo, beh, un po’ meno.
F.G