Vegolosi

Giappone, il massacro dei delfini che non si ferma

“Rubati alla libertà, imprigionati come schiavi”: così Sea Shepherd – organizzazione internazionale la cui missione è quella di fermare il massacro delle specie selvatiche negli oceani del mondo – parla dell’annuale carneficina di delfini compiuta in Giappone. Ogni anno, dal 1 settembre al 1 marzo, migliaia di delfini sono infatti uccisi nella baia di Taiji, da cacciatori locali che hanno il solo scopo di sequestrarne alcuni e di uccidere il resto. Il motivo di questa mattanza è presto detto: la carne di delfino in Giappone è considerata una vera prelibatezza, e a questo va aggiunto che gli acquari e gli zoo sono alla continua ricerca di nuovi esemplari per le loro vasche. Gli animali vengono spinti nell’insenatura della baia dal frastuono delle barche e lì rimangono intrappolati; inizia così il massacro, con un metodo di pesca tra i più brutali al mondo. Una morte lenta e dolorosa per dissanguamento, causato da un uncino conficcato nella spina dorsale.

La sorte degli animali sequestrati è quella di vivere in vasche piccolissime, all’interno dei parchi marini di tutto il mondo. “I delfini sopportano lunghi viaggi dentro i camion – spiega l’associazione – a volte per un totale di 30-40 ore. Se miracolosamente sopravvivono a questi trasbordi, quando arrivano alla loro nuova “casa”, sono costretti in spazi altrettanto piccoli e devono vivere e competere con gli altri delfini”. La vita di questi animali sarà poi segnata da continue esibizioni, imbottiti di pillole che li rendano docili e mansueti per il contatto umano, come spiega Sea Shepherd. “Se acquistate un biglietto per un parco acquatico o partecipate a un programma per nuotare con i delfini, ricordatevi che state contribuendo direttamente al massacro dei delfini di Taiji, così come alla vita miserabile che questi esseri intelligenti e senzienti sono ora costretti a vivere “, dichiara l’associazione.

Le proteste degli animalisti

Da anni le associazioni animaliste di tutto il mondo puntano il dito contro questa attività, ma finora a nulla sono valse le proteste e le azioni di liberazione; anzi, quando nel 2003 due attivisti di Shea Sheperd sono intervenuti per ridare la libertà a 15 esemplari intrappolati nelle reti dei pescatori, hanno perfino dovuto scontare una condanna a 4 settimane di carcere. La pressione sulle istituzioni giapponesi continua ogni anno con l’obiettivo di mettere fine a questo massacro, e nel 2009 è anche stato realizzato The Covedocumentario statunitense – censurato in Giappone  che ha rotto il muro del silenzio che gravitava attorno a questa attività mettendo in luce in maniera chiara e inequivocabile la sofferenza e le torture che si nascondono dietro alla caccia al delfino.

Scene toccanti


La stagione della caccia al delfino è iniziata da poco in Giappone e già circolano in rete immagini impressionanti. In questo video, per esempio, assistiamo alla cattura di un cucciolo di delfino da parte dei pescatori e al suo vano tentativo di liberarsi, attorniato dagli altri membri del branco evidentemente turbati. Anche se puntare il dito contro il Giappone potrebbe risultare la scelta più facile, è bene ricordare che tempo fa abbiamo scoperto come venga servita carne di delfino anche nei ristoranti italiani, sebbene in maniera del tutto illegale. Queste immagini non si allontanano da ciò che avviene durante la crudele caccia dei polipi o, ancora, da ciò che accade quotidianamente nei nostri allevamenti intensivi, a ben pensarci: esseri senzienti e del tutto inermi asserviti ai bisogni (spesso futili) dell’uomo.

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