“Nel 1975 sostenere che gli animali soffrissero e che questa sofferenza andava evitata facendo qualcosa di pratico sembrava ampiamente ridicolo: adesso le cose sono cambiate”. In un’intervista rilasciata a Vegolosi.it nel 2016, il filosofo Peter Singer descriveva così il modo in cui il mondo era cambiato da quando il suo saggio filosofico “Liberazione animale“ era stato dato alle stampe.
Il 12 gennaio 2024, poco meno di 50 anni dopo, questo libro manifesto dell’antispecismo e miccia che ha dato via alla nascita di centinaia di movimenti animalisti nel mondo torna in libreria grazie alla casa editrice il Saggiatore in una versione aggiornata con nuovi dati e nuove evidenze (comprese quelle legate alla correlazione fra sfruttamento animale e pandemie) insieme alla prefazione dello storico di fama mondiale Yuval Noah Harari.
Peter Singer: le basi dell’antispecismo
I concetti chiave della posizione di Singer, conosciuto anche come promotore del concetto di “altruismo efficace” (ne abbiamo parlato qui), sono basati sull’idea della possibilità di provare dolore da parte degli esseri senzienti. In poche parole se un animale umano o non umano prova dolore è meritevole di considerazione morale dalla quale deriva la necessità di evitare che soffra in tutti i modi in cui ciò è effettivamente possibile. Ma come si riconosce e si “verifica” che gli animali soffrono? Secondo Singer la valutazione da parte di noi umani che un animale soffra “meno” è semplicemente dovuta ad un pregiudizio che viene definito “specismo” ossia l’utilizzo di un criterio (quello dell’appartenenza ad una specie diversa dalla nostra) come elemento di valutazione. Scrive Singer in “Liberazione animale”: “Il razzista viola il principio di eguaglianza attribuendo maggior peso agli interessi dei membri della sua razza qualora si verifichi un conflitto tra gli interessi di questi ultimi e quelli dei membri di un’altra razza. Il sessista viola il principio di eguaglianza favorendo gli interessi del proprio sesso. Analogamente lo specista permette che gli interessi della sua specie prevalgano su interessi superiori dei membri di altre specie”. Queste analogie, mai ritrattate da Singer ma molto contestate sono in realtà uno dei metodi più chiari per comprendere che cosa significhi valutare il ruolo degli animali non umani rispetto ai nostri comportamenti. Insomma: così come non possiamo davvero verificare il dolore in un altro essere umano sentendolo ma possiamo intuirlo dai suoi comportamenti (gridare, cercare di evitare il dolore, sottrarsi, scappare, piangere, divincolarsi) così lo possiamo riconoscere anche in un animale non umano. La capacità di esprimere con un linguaggio complesso quel dolore, per Singer, non è una condizione sufficiente, dato che nemmeno un neonato è in grado di farlo eppure in lui riconosciamo il diritto a non soffrire.
L’altruismo efficace e il veganismo “flessibile”
La posizione di Singer sull’alimentazione è stata spesso contestata: anche nell’intervista del 2016 a Vegolosi il filosofo di origini australiane spiegò la sua idea di “veganismo flessibile” ossia l’idea che la rincorsa alla purezza assoluta non sia l’obiettivo finale: l’importante è che la nostra scelta sia la più efficace possibile politicamente e socialmente parlando. Facendo un esempio pratico, Singer spiega che se acquistando prodotti per sé sceglie chiaramente l’alimentazione vegana, se si trova in una situazione nella quale questa opzione non è possibile, evita l’isolamento sociale e opta per il vegetarismo. “Non mando indietro un piatto presentato come vegan che per sbaglio contiene del formaggio: sarebbe uno spreco in un ristorante, non sarebbe efficace ai fini del movimento”.
A questo approccio è legato uno dei temi più cari al filosofo: l’altruismo efficace al quale ha dedicato un saggio pubblicato qualche anno fa. L’idea di base è quella di mettersi nelle condizioni di poter fare del proprio meglio per gli altri nel modo più concreto possibile, anche in termini economici. La scelta morale migliore, quindi, è da stabilire in base ai benefici che apporta concretamente nel mondo. Insomma, vivere una vita pienamente etica significa agire “nel miglior modo possibile” adottando un punto di vista rigorosamente razionale sui comportamenti generosi e sulle attività di beneficenza, a livello individuale e in società. Un esempio: scegliere una carriera che ci porti ad avere più guadagni da poter investire nella beneficenza per strutture che utilizzano il denaro in modo proficuo e utile invece di occuparci noi direttamente di risolvere un problema, magari facendo del volontariato diretto. Ma l’altruismo efficace non è legato solo al denaro e al suo impiego: anche la scelta vegan, come ha spiegato Singer, fa parte di questo approccio. “L’altruismo efficace ha a che vedere con l’idea di rendere il mondo un posto migliore: mangiare vegan è un modo per farlo, così come lo è ridurre le nostre emissioni di gas serra”.