Il settore è in crisi e questo annuncio segue quello sempre targato Unione Europea che stanziava a Luglio 2016 150 milioni di euro per aiutare gli allevatori a diminuire la produzione di latte volontariamente (dopo l’abolizione delle quote nell’aprile del 2015).
C’è stata, ha affermato Hogan, una certa pubblicità negativa sulla carne, soprattutto in Francia, sui suoi rischi e i metodi di allevamento degli animali dopo lo scandalo delle immagini del macello di Mauléon-Licharredi e la conseguente approvazione di una legge dedicata al maltrattamento animale (con sanzioni penali).
Ma l’idea di un incentivo alla produzione di carne non è stata accolta bene da SlowFood che da qualche tempo ha lanciato l’iniziativa “SlowMeat” e che attraverso le parole di Piero Sardo ha spiegato alla Commissione Europa la posizione della nota associazione sul tema: “Ci vergogneremo fra 30-40 anni di come stiamo trattando gli animali così come ci siamo vergognati della schiavitù, il tema della produzione della carne è un tema ineludibile. Abbiamo il dovere di alzare la voce – continua Sardo in una nota ufficiale – e chiedere ai nostri leader politici di aiutarci a mangiare meno carne ma di migliore qualità, e di sostenere le iniziative in questa direzione”. Produrre meno carne (molta meno) con standard di produzione molto elevati e con al centro il “benessere animale”: “Arriveremmo a pagare la carne anche tre volte tanto e questo creerebbe un disincentivo al consumo, diminuendolo drasticamente, ma ci vuole pazienza, non può essere una mossa politica calata dall’alto”.
Anche la LAV è intervenuta su questo tema attraverso le parole di Paola Segurini, in chiave diversa, chiamando in causa direttamente il Presidente del Consiglio Matteo Renzi: “Il Presidente Renzi si opponga a queste azioni di rinforzo a industrie che vanno contro il tempo, e proponga, invece, un’inversione di tendenza, “i tempi infatti stanno fortunatamente cambiando in direzione della consapevolezza di come un’alimentazione su base vegetale sia una scelta necessaria per garantire un futuro al Pianeta e alle popolazioni”.
Anche la FAO ha nuovamente e di recente puntato il dito contro l’allevamento intensivo in quanto principale vettore del cambiamento climatico ma senza che questo sia stato accompagnato da vere campagne di sensibilizzazione alla diminuzione dei consumi di carne, o verso la direzione vegetariana o vegana, una mossa che sorprende anche in relazione alle previsioni di crescita della domanda di carne nel mondo che è stata stimata del 70% entro il 2050.