LE PAROLE DI ENRICO MORICONI DOPO AVER VISTO LE NOSTRE IMMAGINI
?Qualsiasi animale confinato negli allevamenti intensivi è costretto a rinunciare alle sue caratteristiche naturali. Abbiamo mostrato la nostra ultima inchiesta sulle galline ovaiole ad Enrico Moriconi, veterinario e garante per i diritti animali della regione Piemonte. E anche in questo caso emerge chiaramente il dramma delle gabbie, una vera e propria tortura che nega tutti i bisogni etologici delle galline. Queste sono le sue preziose parole.#bastagabbie
Posted by Animal Equality Italia on Friday, September 7, 2018
“Siamo di fronte a condizioni disperate, davvero gravissime”: questo è il primo commento di Enrico Moriconi, veterinario e garante per i diritti animali della regione Piemonte, di fronte alle immagini della nuova investigazione che Animal Equality ha effettuato in collaborazione con il Tg2 in un allevamento di galline ovaiole nel mantovano.
Si chiama “Una vita in gabbia” e mostra, una volta di più, scene che davvero vorremmo non essere più costretti a vedere: galline ferite o morenti accanto alle compagne sane; cadaveri di topi e galline in decomposizione sul pavimento dello stabilimento; animali e uova completamente infestati da acari rossi (nella foto qui in basso) con un grave rischio anche per la salute dei consumatori; sporcizia e ragnatele ovunque; galline con zampe rotte, intrappolate nel pavimento a griglie delle gabbie.
Allevamento lager: le parole del veterinario Enrico Moriconi
Una situazione che, purtroppo, fa da eco a tante altre già viste nel nostro paese, in un’aberrazione che non sembra avere fine. Animal Equality ha chiesto al dottor Enrico Moriconi di commentare le immagini sottratte all’allevamento – già denunciato in precedenza per lo stesso motivo – e quello che emerge è un quadro gravissimo. “Quello che dobbiamo considerare è che, verosimilmente, si tratta di un allevamento che utilizza animali considerati alla fine del loro ciclo produttivo. Il fatto che le galline valgano commercialmente poco, purtroppo per loro, significa che meritano poche cure, perché si calcola che queste ultime arrivino a costare più del valore della gallina stessa”.
Naturalmente, spiega l’esperto, questo ha conseguenze terribili sulla vita di questi animali: “Quello che colpisce più di ogni altra cosa è la carenza di igiene e la presenza degli acari, due cose che in realtà sono strettamente legate tra loro. Gli acari, infatti, si sviluppano e vivono a partire dalla mancanza di igiene delle gabbie, per poi trasferirsi sugli animali per nutrirsi. Questo provoca nelle galline anemia ed estrema debolezza, che si evince dalle creste pallide, che si ripiegano su se stesse” (nella foto qua in basso).
Ma non è tutto: la presenza degli acari provoca nelle galline anche prurito e conseguente assenza di piumaggio, oltre che una grossa depauperazione delle sostanze nutritive “perché bucano la pelle e si nutrono dei principi presenti nell’epidermide. In più, viste le condizioni in cui le galline vivono, siamo di fronte a una situazione in cui l’equilibrio tra l’ospite e il parassita risulta fortemente alterato a favore di quest’ultimo, dal momento che il loro numero è nettamente superiore rispetto a quello delle galline”, conclude.
A questo Moriconi aggiunge una considerazione si base, sempre valida: “il fatto stesso che un animale venga allevato lo porta necessariamente a dover rinunciare alle proprie caratteristiche etologiche. Questo tipo di gabbie fanno sì che alle galline vengano negati i bisogni etologici fondamentali“.
Parassiti sulle uova: un rischio per la salute dei consumatori
Quello che emerge dalle immagini è anche un grave rischio per la salute di chi dovesse consumare le uova provenienti da questo allevamento: “Il guscio dell’uovo, come si sa, ha una superficie porosa, ciò permette il transito di molecole e questo può favorire l’ingresso di germi o batteri nelle uova stesse. La presenza di questi parassiti, se non trattata tempestivamente, può portare anche all’esplosione di veri e propri casi di salmonella“, ha concluso.
“Una vita in gabbia”: la petizione
Non si tratta più nemmeno di una scelta di carattere alimentare, sostiene Moriconi:
“Al di là del diventare vegetariani o vegani, che è una scelta etica altamente condivisibile tutti coloro che si nutrono normalmente di prodotti di origine animale dovrebbero tenere presente che dalle loro scelte discendono conseguenze anche per la vita degli animali“.
Ancora una volta, dunque, bisogna ricordare che solo uno stile alimentare consapevole e informato può rappresentare davvero la svolta per miliardi di animali nel mondo. Oltre a rendere pubbliche le realtà di questi allevamenti – nella speranza di sensibilizzare i consumatori sulle proprie scelte – Animal Equality ha lanciato anche una petizione rivolta ad Assoavi, a Unaitalia e al neo Ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio, per “costruire un piano legislativo che porti all’abolizione dell’utilizzo delle gabbie negli allevamenti, in quanto metodo assolutamente contrario all’etica e alla morale dei cittadini italiani”.
La risposta di Unaitalia
l’Associazione di riferimento del settore avicolo italiano ha inviato la sua versione della vicenda alla nostra redazione attraverso un comunicato stampa. Secondo il presidente di Unaitalia, Antonio Forlini: “Non è corretto lasciare intendere, come fa l’associazione animalista nella denuncia pubblicata sul proprio sito e diffusa ai media, che le immagini di apertura del servizio del TG2 rappresentino le condizioni di vita delle galline ovaiole in Italia. Le immagini mostrate dal Tg2, secondo Unaitalia, “evidenziano comportamenti e procedure che non sono assolutamente prassi comune negli allevamenti italiani e che danneggiano gravemente le migliaia di persone che ogni giorno lavorano nell’avicoltura italiana”. Eppure i casi mostrati nelle inchieste sono sempre di più, anche se sono solo alcuni ad arrivare al grande pubblico attraverso la televisione e la domanda di base non è certo legata solamente al benessere animale e alle condizioni di questi animali, bensì ad una questione più profonda: è necessario cibarsi di questi prodotti? La risposta la danno milioni di persone nel mondo che scelgono un’alimentazione 100% vegetale: una scelta personale ma in realtà politica che è volta a cambiare i consumi, le abitudini e il concetto stesso di “cibo”. Si può mangiare senza sfruttare e danneggiare nessun animale, questo è il punto e su questo bisognerebbe riflettere.