Il dibattito su quali alimenti impattino più o meno sull’ambiente sembra essere senza fine. Dopo i risultati della ricerca di un gruppo di ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania, che decretava l’alimentazione vegetariana come uno stile alimentare con un forte impatto negativo sull’ambiente, è intervenuto sul tema il NEIC, il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione, definendo la ricerca americana “un’assurdità” e un “pessimo servizio che si fa ai cittadini nonché un grave insulto alla loro intelligenza”.
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Environment Systems and Decisions, l’insalata potrebbe essere più dannosa per l’ambiente rispetto alla carne. Il parametro preso in considerazione è il rapporto tra produzione e calorie: i ricercatori hanno messo a confronto l’impatto “a parità di calorie” di due cibi con contenuto calorico molto diverso. La lattuga è la varietà di insalata più povera di calorie: quindi per raggiungere la stessa quantità di calorie assunta con due fette di bacon, sarebbe necessario mangiare almeno due ceppi di insalata. Ma come si legge in un comunicato stampa del NEIC “sarebbe come dire che bere 1 litro di acqua ha un impatto infinitamente maggiore del mangiare 1 etto di pancetta “a parità di calorie”, visto che l’acqua ha un contenuto calorico nullo!” Secondo il Centro, quindi, con questo “sistema” sarebbe possibile “dimostrare tesi assurde” perché si assume come parametro un consumo irrealistico di verdura.
Ma il punto della questione è un altro: nella nostra alimentazione quotidiana il fabbisogno calorico non si ricava né dall’acqua, né dalle verdure: infatti “da queste si ottengono la fibra, vitamine, minerali, e tanti micro e macro nutrienti indispensabili alla nostra salute. Non è alla verdura – continua il comunicato – che ricorriamo per raggiungere la quota calorica necessaria, ma ai cereali, ai legumi, alla frutta secca e semi, all’olio.” La tesi americana, secondo la quale grandi quantità di vegetali da consumare determinino una maggiore emissione di gas serra nel processo di produzione e trasporto, non sta in piedi. Ma era intuibile anche perché la dieta presa in considerazione dai ricercatori, promossa anche dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, comprendeva sì frutta e verdura, ma anche pesce e latticini.
Come sottolinea anche il NEIC, in accordo anche con le affermazioni del Dietary Guidelines Advisory Committee, il Comitato del dipartimento per la salute e del dipartimento per l’agricoltura del governo degli USA, diversi studi hanno da sempre dimostrato e continuano tutt’oggi a dimostrare, come un’alimentazione ricca di cibi animali abbia un impatto molto alto sull’ambiente rispetto a quella 100% vegetale, da ogni punto di vista: emissioni di gas serra, consumo di acqua, di energia, di suolo.
Quindi “scegliere se introdurre o meno nella propria alimentazione prodotti animali – come ha dichiarato lo stesso NEIC – fa la differenza, eccome, sull’impronta ecologica del singolo, e tale scelta è l’arma più potente che il singolo cittadino ha a disposizione per abbattere il proprio impatto negativo sull’ambiente: una dieta onnivora media, a parità di calorie – come si può leggere in un documento sulla valutazione dell’impatto ambientale dei vari modelli alimentari – impatta quasi 7 volte tanto rispetto a una dieta 100% vegetale.”
Come ci hanno raccontato anche i registi di Cowspiracy per ottenere la carne (ma anche latticini o uova) occorre coltivare il terreno per produrre cibo per gli animali d’allevamento, nutrirli e macellarli e tutto ciò non è assolutamente sostenibile. “In media – si legge nel comunicato – per ogni kg di carne ottenuta da un animale, bisogna coltivare 15 kg di vegetali (cereali e leguminose, per lo più). E’ chiaro dunque che se invece si coltivano direttamente i vegetali per il consumo umano, senza questo passo intermedio di “trasformazione” da vegetali a carne, occorre coltivare molti meno vegetali (o, con gli stessi vegetali, si nutrirebbero molte più persone) e quindi si consuma meno terreno, meno acqua, meno energia e di conseguenza si emettono meno gas serra dal processo produttivo.”