Una macelleria in provincia di Como, ha deciso di “portare la campagna in città” e quindi, davanti al proprio ingresso ecco arrivare un gruppo di mucche di razza chianina a fare brutta mostra di sé. Dietro questi animali campeggia uno striscione con la scritta “magra, tenera, certificata”: il riferimento è alla carne in cui verranno “trasformati”, loro malgrado, gli sventurati animali.
Il video, realizzato da Lorenzo Carpensano, ha iniziato a fare il giro dei social e le reazioni sono state immediate soprattutto da parte di chi sostiene i diritti degli animali. Molte le critiche aspre al “cattivo gusto” dell’iniziativa e molte le riflessioni sul mostrare una “fase” della lavorazione della carne che continua a non permettere un vero e proprio collegamento fra quegli animali e i pezzi di carne venduti a pochi metri di distanza.
Una mossa di marketing forte che sembra voler nuovamente puntare l’attenzione sulla “qualità” dei prodotti, sulla “genuinità” di bistecche e tagliate che arrivano direttamente dalla stalla alla macelleria la quale, in un suo claim social, recita: “Fidati di noi, saremo complici del tuo successo”. Non è ben chiaro a che cosa ci si riferisca, ma ancora una volta, pare chiaro che il consumo di carne venga associato ad aspetti positivi: il successo, la forza fisica, fare bella figura con gli amici a tavola.
Si moltiplicano le iniziative da parte di realtà più o meno affermate con lo scopo di risollevare l’immagine della carne come alimento sano e imprescindibile, ma anche quello degli allevamenti che vengono raccontati come luoghi agresti, incontaminati, dove si svolge tutto secondo i ritmi della natura e dove gli animali stanno benissimo.
Convegni, seminari, pubblicità, marchi, bollini verdi , hanno lo scopo di mettere in luce un concetto preciso: il “benessere animale” c’è ed in contrasto con la “moda vegana” (così come è stata definita anche dal presidente della Accademia dell’Agricoltura, Giorgio Cantelli Forti). Insomma nessuna paura dopo l’allarme lanciato dall’OMS nell’ottobre del 2016: solo che dopo più di un anno i danni sono evidenti e si corre ai ripari. I dati parlano chiaro: gli italiani mangiano meno carne, soprattutto carne rossa e non solo gli allarmi dedicati agli effetti sulla salute hanno fatto da detonatore, bensì anche le immagini sempre più spesso visibili anche in televisione e durante i telegiornali, che mostrano le atrocità che stanno dietro al consumo di carne e derivati come uova e latte.
La domanda è: vedere delle mucche proprio davanti ad una macelleria con tanto di marca auricolare, permetterà ai più di fare la connessione fra l’animale e il prodotto oppure no? Quante inchieste saranno ancora necessarie per capire che l’allevamento intensivo di mucche, maiali, polli e tacchini è una realtà anche italiana e non solo estera?