Se qualcuno di voi ha letto il libro “Grassi, dolci e salati” di Michael Moss, sa bene che dietro ogni prodotto di una grande industria si celano decine di riunioni, studi, e test che hanno come obiettivo, con l’appoggio di alcuni studi universitari, quello di incanalare il flusso di acquisto. I grandi “allarmi” come quello sui grassi saturi che divenne lo spauracchio dei consumatori fra gli anni ’80 e ’90, fu una contro manovra delle grandi aziende per poter, a fronte degli allarmi medici, muovere il consumatore verso i grassi di origine vegetale, margarina compresa. Il burro fu uno degli alimenti più colpiti e così la sua industria.
Ma sarà vero? Dopo tutti questi allarmi e contro-allarmi noi abbiamo deciso di sentire due esperte sul tema, la dr.ssa Luciana Baroni, Specialista in Neurologia, Geriatria e Gerontologia, Master Universitario Internazionale in Nutrizione e Dietetica ed esperta in alimentazione a base vegetale: “Anche in questo caso stiamo assistendo al fenomeno di veder sostituita la corretta informazione con la propaganda sostenuta dal profitto. Il consumo di burro, nella realtà dell’industria casearia, risponde al principio che è crescente la richiesta, da parte dei consumatori, dei prodotti a basso contento di grassi. Perciò, una volta che la mucca è stata munta, il grasso del suo latte da qualche parte deve per forza essere collocato: nel burro”. “Abbiamo sostituito il burro con grassi che spesso non sono più salutari di quest’ultimo, ma questo non significa assolutamente che un’alimentazione ricca di grassi animali, come il burro, sia corretta, ma che abbiamo cercato soluzioni inadeguate”, aggiunge la dr.ssa Anna Sarni, Master in alimentazione e dietetica vegetariana e uno dei massimi esperti di latticini in Italia. Il messaggio che si evince da queste campagne dice a tante persone quello che vogliono sentirsi dire: perpetrate sereni nei vostri eccessi di grassi. Ma dopo un pasto molto ricco di grassi si verifica un aumento dei lipidi ematici, che rappresenta un fattore di rischio per eventi cardiovascolari. Non dimentichiamo poi che nel grasso animale si accumulano i contaminanti ambientali più pericolosi, come le diossine, e gli ormoni steroidi come gli estrogeni. Non è un aspetto da trascurare”.