Masson ha 75 anni e a vederlo proprio non si direbbe. Sorriso aperto, fisico asciutto e presenza solare, questo studioso dalle doti eccezionali (diventò professore di sanscrito a 28 anni presso l’università di Toronto) è stato anche al centro di quello che venne definito “Il caso Masson”: in poche e povere parole mise in dubbio, in casa sua, alcune tesi di Sigmund Freud e fu la figlia stessa del padre della psicanalisi, Anna, a licenziarlo. Non è pentito, anzi. Quello scandalo lo potrò ad occuparsi di ciò che voleva davvero: gli animali, la loro psicologia, il loro comportamento.
Ed eccolo a Milano, in forma smagliante, pronto a parlare del suo nuovo libro “Le bestie siamo noi” lanciato in Italia da Edizioni Sonda. Non vogliamo sminuire la complessità del suo pensiero, ma se dovessimo creare una sorta di “bigino” potremmo dire che Masson sostiene con forza la parte degli animali e che la sua frase “totem” potrebbe essere quella di Einstein “Se giudichi l’intelligenza di un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi su un albero, passerà la vita a sentirsi stupido”. Il punto è: in base a cosa gli esseri umani si sono posti all’apice della scala gerarchica del mondo? In base a che cosa stabiliamo che gli animali soffrono meno di noi, o addirittura non soffrono affatto? Da dove nasce questa distinzione fra noi e loro? “Essere umani – spiega Masson nel suo libro – a volte può significare opporsi a quello che ci è stato insegnato”.
E allora, ecco la nostra intervista a Jeffrey Masson e alcune risposte: buona visione!