“Penso che tutto ciò che è collegato con il vegetarianesimo sia della massima importanza, perché non ci potrà mai essere pace nel mondo finché ci ostiniamo a mangiare gli animali. Questo si applica anche ai pesci. Io non mangio pesce. Sono diventato vegetariano perché per tutta la vita mi sono sentito in colpa e pieno di vergogna per il fatto di aver mangiato carne animale. Sono convinto che gli animali siano creature di Dio esattamente come lo sono gli esseri umani. E noi dobbiamo rispettarli e amarli, invece di macellarli”.
Con queste parole il premio Nobel Isaac Singer (1902 – 1991) suggellava il suo pensiero riguardo alla scelta vegetariana, negli anni ’80 del 1900. Fu lui ad accostare la situazione degli animali negli allevamenti intensivi con il genocidio degli ebrei in Europa ad opera dei nazisti: “Tra uccidere animali e creare camere a gas di stampo hitleriano o campi di concentramento di stile staliniano, il passo è assai breve… Non ci sarà giustizia fino a che un uomo brandirà un coltello o un’arma per distruggere coloro che sono più deboli di lui” è infatti una delle frasi più celebri di Singer.
Nobel per la Letteratura: storia di un mito
Premio Nobel per la Letteratura nel 1978 e autore di decine di romanzi, centinaia di racconti e di due autobiografie, Isaac Bashevis Singer nasce a Leoncin, poco distante da Varsavia, nel 1902 e rimane in Polonia fino al ’34, quando a seguito dei rigurgiti antisemiti che si stavano propagando, l’autore accoglie l’invito del fratello maggiore, Israel Joshua Singer (giornalista e autore anch’egli), a trasferirsi in America. Il timido, irrequieto e riservato Isaac Bashevis, oscurato nei primi anni di carriera dal mito del celebre fratello – vera e propria istituzione culturale a Varsavia – trova così la sua strada e diventa, con il tempo, più noto anche di Israel.
Singer fu un autore contemporaneo e moderno per ciò che scrisse: i protagonisti dei suoi romanzi affrontano infatti spesso tematiche legate all’omosessualità, ai diritti delle donne e alla questione animale, molto prima che questi diventassero argomenti di discussione come lo sono oggi. Vittima delle persecuzioni naziste, lo scrittore fu testimone di uno spaccato crudele e aberrante della nostra storia recente, e il modo in cui trasferì questi orrori sulla carta stampata lo rese uno degli scrittori più influenti del suo secolo.
Isaac Singer e il vegetarismo
Questo autunno ricorrerà il quarantesimo anniversario da quanto Isaac Singer ricevette il Nobel per la letteratura. In questo video PETA (People for Ethical Treatment of Animals) celebra l’autore come il precursore dei diritti animali attraverso le parole dell’attrice americana Natalie Portman, vegana e sostenitrice della causa animale. “Oggigiorno, molti di noi prendono le difese gli animali, ma non è sempre stato così – afferma la Portman – Decenni fa, un uomo descrisse la condizione degli animali così audacemente che il mondo moderno non poté ignorarlo”.
Nelle sue opere, infatti, Singer non manca mai di fare riferimento alla questione animale. Nel suo romanzo autobiografico Shosha, per esempio, l’autore scrisse: “Facciamo alle creature di Dio quello che i Nazisti fecero a noi.” Nel racconto The Slaughterer (Il macellaio), pubblicato nella raccolta La luna e la follia, Singer narra invece la storia di un giovane che ama gli animali ma viene nominato come macellaio della sua città. Tormentato dalla crudeltà delle proprie azioni, il giovane riflette sulle cause della violenza. Singer scrisse: “Fino a che le persone continueranno a versare il sangue di creature innocenti non potranno esistere pace, né libertà né armonia. La macellazione e la giustizia non possono convivere.”
La scelta dello scrittore verso una strada di compassione, come spiega l’attrice nel video, derivò dal rimorso per aver praticato, da bambino, una crudeltà ingiustificata: staccando le ali a delle mosche, aveva fatto sì che la supremazia del più forte avesse la meglio contro il più debole, contro ogni logica del buon senso. “Mi resi conto che stavo commettendo crimini terribili contro quelle creature – scrisse poi – solo perché ero più grande e più forte. Ho pregato per il perdono e il mio pensiero sulla sofferenza delle mosche si è allargato per includere tutte le persone e tutti gli animali“.
A metà degli anni Sessanta l’autore diventò un acceso sostenitore del vegetarismo dopo lustri di tentativi poco fortunati. La seguente citazione risale agli anni ’80:
“Il vegetarismo è la mia religione: sono diventato un vegetariano stabile circa 25 anni fa. Prima di allora provavo e riprovavo, ma erano episodi sporadici. Finalmente, a metà degli anni Sessanta, ho preso la decisione: da allora sono vegetariano. Questa è la mia protesta contro la condotta del mondo. Essere vegetariani significa dissentire contro il corso degli eventi attuali. Energia nucleare, carestie, crudeltà, dobbiamo prendere posizione contro queste cose. Il vegetarismo è la mia presa di posizione. E penso che sia una presa di posizione consistente”.
Tra le tante riflessioni sul tema, portate avanti sempre con garbo e sensibilità attraverso la forza primordiale ed eterna della scrittura, l’autore non ha lesinato paragoni scomodi, accostando in più di un’occasione i moderni allevamenti industriali ai lager della Germania hitleriana: di seguito una citazione tratta da L’uomo che scriveva lettere (1978).
“Si sono convinti che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti: per gli animali, Treblinka dura in eterno”.