“Menti non umane”: questo è il tema del convegno che si terrà sabato 29 e domenica 30 ottobre 2016 a Bologna, presso i Portici Hotel, in via dell’Indipendenza 69. Filosofi e pensatori contemporanei discuteranno di un tema che affascina da sempre scienziati e intellettuali: in cosa la mente umana è diversa da quella animale? Queste differenze bastano per giustificare l’antropocentrismo moderno? Per l’occasione noi di Vegolosi.it abbiamo contattato Thomas Lepeltier, filosofo vegan (che parteciperà all’evento con il tema “Proteggere l’ambiente o proteggere gli animali?”) e autore di diverse pubblicazioni – tra cui “La rivoluzione vegetariana” – per fargli qualche domanda riguardo al tema della “filosofia vegan”.
Mr Lepeltier, lei è un filosofo vegano ma anche un attivista per i diritti degli animali: perché pensa che sia importante essere vegani, oggi?
Prima di tutto vorrei chiarire che personalmente non sono un attivista nel vero senso della parola, dal momento che non trascorro molto tempo – non abbastanza, comunque – tra manifestazioni, distribuzione di volantini o nella partecipazione in campagne per la difesa dei diritti animali. Trascorro molto più tempo a scrivere articoli o libri o a tenere conferenze: questo è il mio modo di cercare di cambiare la società. Per quanto riguarda l’essere vegan, credo che si tratti di un imperativo morale. Se una persona non vuole che gli animali vengano sfruttati per il nostro piacere, quella stessa persona non dovrebbe nemmeno consumare i prodotti di questo sfruttamento: è così semplice…
Qual è la sua definizione di “filosofia vegetariana”?
Credo che sia meglio parlare di “filosofia vegana”. Per prima cosa, intendiamo una filosofia che promuova la non violenza ogni qual volta sia possibile farlo. Dato per certo che possiamo vivere facilmente senza sfruttamento degli animali – senza allevarli e ucciderli perché diventino il nostro cibo, i nostri abiti o forme di intrattenimento – non c’è alcuna ragione per cui l’uomo continui a infliggere violenza su queste creature indifese. Il punto è che avere il diritto di non essere sfruttati non dovrebbe dipendere dalla propria abilità nel parlare, dal fatto che si abbiano due o quattro zampe o dalla propria abilità di respirare nell’acqua o fuori da essa. Tutti gli esseri senzienti dovrebbero vedere rispettati i propri diritti fondamentali: i “filosofi vegani” cercano semplicemente giustizia per tutti gli animali. Ma non è solo questo, un “filosofo vegano” denuncia qualsiasi discriminazione, anche tra gli uomini: il sesso, l’orientamento sessuale, il colore della pelle e il luogo di nascita non devono e non possono diventare un criterio di identificazione morale. In conclusione, direi che una “filosofia vegana” promuova la non violenza e l’uguaglianza tra tutti gli esseri viventi.
Crede che il consumo di carne sia moralmente accettabile nella nostra società?
No, non è moralmente accettabile perché non possiamo più torturare e uccidere esseri senzienti semplicemente per soddisfare i nostri bisogni. E credo che sia ancora meno accettabile se tutto ciò avviene nei paesi sviluppati, dove è davvero semplice evitare il consumo di carne. Ci sono centinaia di piatti deliziosi che non prevedano l’utilizzo di derivati animali e, se la scusa fosse di non saper cucinare piatti vegan, vorrei ricordare che esistono centinaia di siti internet e sempre più libri sull’argomento. Quindi non ci sono scuse: vegan si può e si deve. Vorrei anche aggiungere che al giorno d’oggi tutti noi siamo consapevoli della crudeltà che si cela dietro l’industria della carne. Fino a qualche decennio fa, la gente poteva ancora avere una visione ingenua e idealistica di come gli animali fossero allevati e poi macellati: volendo, si poteva ancora credere che gli animali negli allevamenti fossero felici e che la loro morte fosse dolce e indolore, ma oggi non è più possibile, perché ci sono centinaia di articoli, libri e documentari che testimoniano le crudeltà che hanno luogo ogni giorno negli allevamenti. In questo contesto, il consumo di carne diventa ancora decisamente meno accettabile.
Secondo lei il concetto di “etica” si può trasmettere attraverso libri, conferenze o documentari?
Direi che ci sono molteplici modi per trasmettere il concetto basilare di etica, perché non si tratta di un principio difficile da comprendere e, in realtà, è già presente nella maggior parte delle persone: quasi tutti, infatti, affermano di non accettare che gli animali siano torturati per puro divertimento. Questo rifiuto è abbastanza per poter diventare vegani. Purtroppo, però, al giorno d’oggi solo una piccola percentuale delle persone applica questo principio alla propria vita quotidiana, mentre gli altri difficilmente sono coerenti con il proprio pensiero: non vogliono che gli animali siano torturati ma partecipano a queste torture, nonostante sia piuttosto semplice non farlo. E per rendere le persone consapevoli di questa contraddizione possiamo servirci di libri, conferenze o documentari; credo che l’importante sia raggiungere il proprio scopo e che qualsiasi metodo utilizzato – purché non violento – sia il benvenuto per convincere le persone a fermare la propria complicità nello sfruttamento animale.
Cosa ci dice, invece, dell’empatia? Crede che la si possa imparare o che sia solamente qualcosa di innato?
Alcune persone sembrano avere una maggiore empatia di altre ma questo non ci deve stupire, dal momento che che siamo tutti diversi. Ma non c’è davvero nessuna ragione per cui si debba pensare che l’empatia non si possa apprendere; ci sono tanti modi per farlo, tante strade per prendere in maggiore considerazione la sofferenza di altri esseri senzienti. Certamente, in tutto questo le emozioni giocano un ruolo fondamentale: trascorrere del tempo con gli animali e imparare di più sul loro conto può certamente essere un buon metodo per sviluppare la nostra empatia verso di loro. Ma a volte non basta: l’empatia può avere volti differenti ed è qualcosa di totalmente arbitrario, così che per qualcuno risulti normale amare un cane ma nutrirsi con la carne di una mucca, ma non il contrario (cosa che accade, per esempio, in Europa e nel Nord America). Per combattere questa arbitrarietà bisogna pensare razionalmente: attraverso la “filosofia vegana” la gente può imparare che cibarsi di una mucca sia crudele tanto quanto mangiare carne di cane e che questi animali hanno lo stesso diritto di vivere. Questi pensieri, spinti un po’ oltre e ampliati a tutti gli animali, ci portano inevitabilmente a essere vegani.
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