La catena di supermercati britannica Iceland Foods ha scelto un Natale senza olio di palma. Per farlo, al posto dei soliti spot che pubblicizzano i cibi delle feste, ha deciso di condividere il video di animazione realizzato lo scorso agosto da Greenpeace International allo scopo di sensibilizzare sulla produzione di questo prodotto e sul suo impatto sugli ecosistemi e gli animali che li abitano.
Il video – che come sottolinea la catena di supermercati non potrà essere trasmesso in televisione perché considerato contrario alle norme pubblicitarie vigenti – è recitato in rima dall’attrice britannica Emma Thompson e mostra un cucciolo di orangutan nella camera di una bambina, intento a toccare oggetti e ad arrampicarsi sui mobili, come per sua natura farebbe nella foresta. La bambina, infastidita, lo caccia dalla stanza, ma non prima di avergli chiesto che cosa ci faccia lì: l’atmosfera si trasforma, i colori si fanno cupi e il cucciolo spiega come gli umani abbiano distrutto la sua foresta, portato via la sua mamma e come lui, miracolosamente, sia riuscito a salvarsi e a trovare riparo nella sua camera. Il motivo di tanta crudeltà è presto detto: gli alberi vengono abbattuti per ricavare olio di palma.
Una speranza di salvezza, però, sembra ancora possibile: “Oh Rang-tan nella mia camera da letto – chiosa la bambina – ora so cosa fare. Combatterò per salvare la tua casa e farò in modo che tu non sia più triste. Condividerò la tua storia in lungo e in largo così che anche gli altri possano combattere”. E questo è proprio ciò che ha deciso di fare anche Iceland Foods, prima catena di supermercati inglese a condividere lo spot ma anche a garantire che entro la fine dell’anno tutti i prodotti alimentari a marchio Iceland saranno senza olio di palma.
Olio di palma: la rovina delle foreste e dei loro abitanti
Olio vegetale estratto dalle palme da olio, l’olio di palma si trova nella metà dei cibi che consumiamo abitualmente, primi fra tutti i prodotti da forno. La sua produzione, concentrata per il 90% in Indonesia e Malesia, risulta oggi una delle principali cause di deforestazione al mondo, il che porta con sé l’estinzione delle specie animali che vengono private del loro habitat. Basti pensare che secondo Greenpeace, sono 25 gli orangutan che perdono la vita ogni giorno a causa della produzione di questo olio vegetale. A questo quadro già disastroso si aggiungono anche le conseguenze gravissime sulla salute delle comunità locali e sui bambini causate dalle esalazioni delle foreste in fiamme.
In più, nonostante l’Efsa abbia di recente rivisto la propria posizione considerandolo ora privo di rischi, il consumo di olio di palma è da sempre considerato controverso, a causa del suo elevato contenuto di grassi saturi. Ai nostri microfoni Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista del CREA, ha dichiarato che nonostante non faccia male di per sé “dipende sempre dalla dose. Il punto è che sicuramente, prima della campagna contro l’olio di palma (che ha portato nel nostro paese molte aziende alimentari a eliminarne l’impiego e/o a palesarlo in etichetta, ndr), ne assumevamo molto e in modo inconsapevole (e ciò è un fatto grave), e questo perché le etichette nutrizionali non erano chiare”.
“Per noi consumatori – continua – era un grasso saturo “nascosto”: compravamo i prodotti pensando di assumere solo grassi vegetali e quindi quelli polinsaturi, quelli “buoni” e invece assumevamo grassi saturi. La nostra alimentazione era ricca così di troppi grassi saturi, superavamo i livelli che giornalmente possiamo assumere, quelli che i LARN (ossia i livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana, ndr) ci indicano. Ricordiamo che un eccesso di grassi saturi e di zuccheri è tra le cause principali di obesità, di malattie cardiovascolari (ictus, infarto) e di tumori“.
Ecco quindi che la quasi totalità delle aziende nel nostro paese, rispondendo anche alla pressione della richiesta del pubblico, ne ha eliminato l’impiego, così come diverse catene di supermercati tra cui anche Esselunga e Coop. Greenpeace, però, lavora a livello internazionale per fermarne la produzione: sul sito è possibile firmare una petizione per chiedere alle grandi aziende la sua eliminazione totale da ogni prodotto.