Capannoni invasi da topi, animali feriti, già morti o morenti, feci dappertutto (perfino nelle canaline dove si trova il mangime): immagini sottratte tra ottobre 2017 e gennaio 2018 dagli attivisti di Free John Doe in un allevamento di maiali della Lombardia, e diffuse per la prima volta dal programma tv “Le iene” nella puntata di ieri, domenica 20 maggio. Un servizio – nel video qua in alto – della giornalista Nina Palmieri, che mostra la realtà aberrante di un allevamento intensivo italiano, ma non uno qualunque: si tratta infatti di un allevamento importante, con 14 mila capi.
Il Garante degli Animali: “Insostenibile”
“Già dalle prime immagini si vede che siamo di fronte a una situazione assolutamente insostenibile – afferma il dottor Enrico Moriconi (nella foto in alto), unico Garante Istituzionale per i Diritti Animali in Italia – perché lo spazio previsto dalla legge è di un metro quadro per animale, ma qui i maiali non hanno nemmeno lo spazio per muoversi e coricarsi“. Una situazione paragonata a quella della metropolitana di Tokyo, famosa proprio per essere una delle più affollate al mondo e che ha ripercussioni sulla salute psico-fisica degli animali: come spiega Moriconi, infatti, questa condizione causa “un forte stress negli animali, che si sfogano attraverso atti di cannibalismo“, di cui vediamo il risultato nella foto qui in basso.
Dando per scontato che la vita in allevamento sia sempre diversa da quella in natura, l’esperto spiega che questo comportamento diventa la norma per gli animali quando le condizioni in allevamento sono così alterate. La legge prevede che, in caso di atti di cannibalismo, andrebbero aumentati gli arricchimenti come “paglia, truciolato, legno, oggetti che gli animali possono utilizzare per esercitare la loro intelligenza, che non solo qui non erano presenti prima, ma che non sono neanche stati inseriti dopo” afferma Moriconi.
Topi dappertutto
Ma non è tutto: anche le condizioni igieniche documentate in questo allevamento sono scioccanti, tra maiali che camminano nelle loro stesse deiezioni che poi, come dichiara Moriconi, “finiscono nella mangiatoia, richiamando i topi, con la possibilità della diffusione di malattie come la leptospirosi“, una patologia potenzialmente mortale che può diffondersi nell’allevamento contagiando non solo gli animali, ma anche allevatori e macellatori. L’elevatissimo numero di topi presenti nell’allevamento – che camminano liberamente tra i maiali vivi, morti o morenti – dà però da pensare che la leptospirosi non sia l’unica malattia contraibile tra quelle mura: pericolose sono anche le infezioni provocate dall’Escherichia coli, batterio che può provocare malattie intestinali ed extra-intestinali. Da sottolineare che questo batterio può arrivare perfino sulle tavole dei consumatori, dal momento che resiste alla cosiddetta “cottura al sangue” della carne.
Come se ciò non bastasse, anche le condizioni di salute dei maiali nel filmato sono aberranti: suini con prolassi
anali, masse tumorali e gravi ferite da trauma. Per giunta il sospetto, secondo Moriconi, è che vi siano state anche delle irregolarità nella castrazione dei maiali, dal momento che alcuni presentano delle ernie inguinali molto grandi difficilmente compatibili con l’intervento di un veterinario ma, piuttosto, con quello (illecito) di un allevatore. “In questa immagine (nella foto qui in basso, ndr) vediamo un edema schiumoso, una malattia polmonare molto grave: il liquido che vediamo uscire dalle narici dell’animale è lo stesso che c’è nei suoi polmoni, quel maiale sta vivendo gli ultimi istanti della sua vita” afferma Moriconi. Immagini sconvolgenti, che però non sono un’eccezione: sono tanti gli animali in fin di vita in questo allevamento, non più in grado di muoversi e in preda a convulsioni o movimenti nervosi, abbandonati a se stessi.
Allevamenti e antibiotici: all’Italia il triste primato
Quella documentata è una situazione molto grave, ma la legge parla chiaro: gli animali malati o morenti andrebbero allontanati da quelli sani, per evitare il rischio della diffusione di malattie. Per ovviare al problema, si ricorre alla “somministrazione di farmaci, restituendo una carne sicuramente di qualità inferiore” dichiara Moriconi. Ma di quali farmaci si tratta? Nel video si vedono, sparsi qua e là nel capannone, paracetamolo – antidolorifico e antipiretico – ma anche antibiotici. L’esperto è chiaro, anche se la legge dice che “non si possono fare terapie di prevenzione generalizzata all’interno di un allevamento, ma solo terapie curative” il meccanismo è ben diverso: qui vengono somministrate medicine a tappeto, a tutti gli animali, malati e non. Questo perché “le cure individuali, quando si hanno tanti animali, richiederebbero una fatica enorme, quindi conviene molto di più spendere nella prevenzione che nella terapia”, spiega Moriconi. Una situazione che regala all’Italia un triste primato: in Europa siamo infatti il primo paese per utilizzo di antibiotici negli allevamenti.
Questo, naturalmente, ha una connessione profonda con il tema dell’antibiotico resistenza, pericolosissimo fenomeno per il quale “alcuni batteri si adeguano a determinati tipi di farmaci”, spiega Moriconi. Un fenomeno già in atto, per il quale l’OMS ha chiesto lo stop dell’uso degli antibiotici negli allevamenti: di questo passo, spiega l’esperto, “l’antibiotico resistenza sarà una delle cause di maggiore mortalità in futuro per la specie umana, ma già adesso si contano 25 mila morti in Europa ogni anno“. Tutto questo perché in Italia consumiamo troppa carne, il triplo rispetto alle quantità massime suggerite dall’AICR per restare in salute: se la domanda di prodotti animali diminuisse, spiega Moriconi, potremmo allevare gli animali in condizioni migliori, beneficiando noi stessi di questi cambiamenti.
NAS e carabinieri: “Nessun illecito”
Interpellato dai giornalisti de “Le iene”, il proprietario dell’allevamento dichiara di avere delle “strutture idonee, perfette, dove c’è il benessere animale” e di seguire dei disciplinari molto rigidi. Le immagini, però, mostrano una realtà ben diversa, che spinge gli inviati della trasmissione a richiedere l’intervento dei NAS: alla fine del sopralluogo, però – fatta eccezione per una discarica abusiva trovata fuori dalla struttura – le autorità non hanno riscontrato irregolarità, se non un “lieve sovraffollamento”. “È strano, quelle immagini costituiscono un documento, non c’è possibilità di equivoco” dichiara Moriconi. L’irregolarità, forse, sta altrove: la Commissione Europea, infatti, con un documento ammonisce il nostro paese sottolineando che le linee guida dei controlli, in Italia, sono “insufficienti per permettere un adeguato e scrupoloso esame delle condizioni in cui vengono allevati gli animali”.
“Attraverso la collaborazione con “Le Iene” e il servizio condotto da Nina Palmieri, abbiamo potuto mostrare a milioni di italiani le miserabili condizioni in cui sono costretti a vivere questi individui che poi, una volta trasformati in prodotti, vengono messi sul piatto – ha dichiarato il team investigativo di Free John Doe – Anche le
cosiddette eccellenze italiane, tanto rinomate all’estero, non solo non usano metodi ‘eccellenti’ di produzione, ma mettono in atto sistematicamente le peggiori pratiche di allevamento nella totale assenza di considerazione nei confronti di animali senzienti e molto intelligenti. Tutto quello che abbiamo potuto mostrare grazie all’aiuto della trasmissione di Italia1 dovrebbe suggerire a molte persone che non vale assolutamente la pena continuare a nutrirsi in questo modo, che è davvero nell’interesse di tutti passare ad una dieta a base vegetale, la migliore sotto ogni punto di vista: empatico, salutistico e ambientale”.
“È molto facile comprare la carne, ma è difficile vedere come viene prodotta, il tutto viene nascosto – afferma nel video il filosofo, docente universitario e scrittore Leonardo Caffo – e nel momento in cui si nasconde qualcosa, si genera sospetto. Perché occultare? Forse c’è qualcosa che non va”. Questo anche perché, come sottolinea Moriconi, “quando si scrivono le leggi prevale sempre il concetto di sfruttamento per garantire il guadagno economico”, anziché il benessere animale. “Dati alla mano, nel giro di cento anni da 7 miliardi di individui diventeremo 10 miliardi – conclude Caffo – e la domanda di carne aumenterà enormemente. A quel punto la questione non sarà più essere animalisti, vegetariani o vegani, ma mettersi d’accordo sul fatto che dobbiamo vivere su un solo pianeta, che è di tutti. Per poter continuare a farlo dobbiamo ridiscutere le nostre esigenze alimentari, facendo in modo di trovare un tipo di alimentazione che ci permetta di essere tanti, ma vivi e in salute”.