A un colloquio:
“Riesce a gestire le situazioni di forte pressione?”
Io: (ricordandomi di quella volta che avevo finito l’hummus ma avevo ancora un pezzo di pita e non mi sono messo a piangere) “Assolutamente”.
Come esprimere con sagacia e ironia la mania crescente per la salsa mediorientale che sta conquistando il mondo? Una pagina Facebook (Hummus Memes), dedicata interamente al tema hummus, ha intercettato la passione di milioni di persone nel mondo, vegani e non, per un condimento povero e facilissimo da preparare che forse deve proprio a queste qualità il suo incredibile successo.
Bastano infatti una manciata di ingredienti super economici (tahin, ceci, aglio, olio, succo di limone, sale) e un frullatore e la cena è salva, specie se la serata prevede divano, pigiama imbarazzante e scorpacciata di serie tv senza neanche la pausa bagno.
E’ difficile risalire all’evento che ha dato il via a questa mania (per una volta salutare, genuina ed economica), al di là delle radici storiche dell’alimento che si perde nella notte dei tempi anche se le ricette precursori si differenziavano leggermente da quella odierna. Certo è che la questione humus è talmente seria che Israele e Libano si contendono da tempo il primato sull’origine del prezioso intingolo sfidandosi a colpi di antipasti e pita per accaparrarsi la paternità culturale di alcuni piatti a base di hummus che entrambi i paesi rivendicano come propri.
E’ infatti del 2010 la notizia che un pantagruelico piatto di hummus del peso di ben 10,452 kg ha battuto, nella città di Beirut, il Guinness World Record grazie all’impegno dello chef Ramzi Choueiri e di 300 studenti (tutti libanesi) dell’università di Al-Kafaat. La risposta israeliana non si è fatta attendere: “cercare di porre un copyright sull’hummus è come rivendicare dei diritti sul pane o sul vino”.
Credete che questo non basti a definire quella per l’hummus una vera e propria mania? Basta fare un giro su internet per accorgersi del più vasto merchandising attorno a questa pietanza: portachiavi, bags, magliette e orologi ma anche tappetini per il mouse promettono di accontentare gli hummus lovers più irriducibili, quelli che non si accontentano di mangiarlo, ma vogliono anche indossarlo.
Insomma, se siete tra coloro che collocano l’hummus alla base della piramide dei bisogni di Maslow (prima di quelli fisiologici per intenderci) o che prendete alla lettera uno degli slogan di Hummus Memes (“Diffondete hummus, non odio”), sappiate che siete in buona compagnia: l’attice vegana Natalie Portman ha dichiarato in un’intervista a Vogue che consuma il proprio peso in hummus ogni giorno (“I consume my own weight in hummus every day”). Visti i risultati, non sentitevi troppo in colpa alla prossima abbuffata di hummus!