“Grida nel silenzio” è la nuova investigazione sotto copertura condotta lo scorso aprile da Animal Equality all’interno di due allevamenti intensivi del nord Italia, uno dei quali rifornisce il Consorzio del Prosciutto di Parma, uno in Piemonte e l’altro nei pressi di Mantova. Le immagini, sottratte grazie al lavoro di un infiltrato, mostrano gli operatori maneggiare i cuccioli, le scrofe e i maiali adulti con estrema violenza: i suinetti vengono afferrati per le zampe e lanciati all’interno di cassoni, ammassati l’uno sull’altro come oggetti; le scrofe e maiali adulti vengono colpiti con bastoni sul muso e sul corpo e trascinati per i corridoi al fine di agevolarne i movimenti, anche quando non sono più in grado di deambulare a causa di patologie e di ferite presenti sul corpo.
Le immagini inoltre documentano la presenza di animali agonizzanti o già deceduti abbandonati nei corridoi e l’attuazione sistematica di pratiche illegali rispetto alle direttive europee, come il taglio della coda nei suinetti appena nati – senza anestesia o analgesia. Questa procedura, spiegano gli operatori dell’allevamento nel video, serve ad evitare che si creino situazioni di cannibalismo fra gli animali che, privati di stimoli esterni o della possibilità di grufolare in cerca di cibo (attività che in natura compiono per molte ore al giorno, come spiega l’associazione), possono sviluppare comportamenti aggressivi. Durante le riprese effettuate di nascosto, l’operatore spiega che il taglio della coda avviene per mezzo di una “piastra rovente” che cauterizza direttamente la ferita. Come sottolinea Animal Equality, però, questa del taglio delle code è una situazione allarmante perché “l’Unione Europea ha già richiamato l’Italia denunciando come la quasi totalità degli allevamenti violi le direttive comunitarie“.
Forte di queste violazioni, l’associazione ha denunciato ai Carabinieri Forestali e ai NAS i proprietari dell’allevamento situato in provincia di Cuneo, che rifornisce il Consorzio. L’esposto presentato da Animal Equality è stato firmato anche dal Garante per i diritti animali, il Dr. Enrico Moriconi e dalla Consigliera della Regione Piemonte, l’onorevole Francesca Frediani (M5S).
I numeri dell’allevamento intensivo in Italia
In Italia vengono allevati ogni anno più di otto milioni di maiali, tanto che secondo gli ultimi dati pubblicati da Ismea, nel 2016 il nostro paese ha conquistato la leadership mondiale per le esportazioni di preparazioni e conserve suine, superando un concorrente diretto come la Germania. “È chiaro quindi il ruolo di primaria importanza che l’Italia gioca in questo ambito e la responsabilità di cui è rivestita nel trattamento degli animali allevati a scopo alimentare” afferma Animal Equality.
L’associazione sottolinea inoltre la grave situazione in materia di illegalità: “Come denunciato da un rapporto della Commissione Europea a novembre 2017 il nostro paese viola la direttiva UE (Dir. 2008/120/CE) in materia di suinicoltura, in particolare perché nella quasi totalità degli allevamenti italiani viene praticato il taglio sistematico della coda ai maialini. Questa pratica è considerata una mutilazione grave e non dovrebbe avvenire in quanto gli allevamenti dovrebbero essere adeguatamente arricchiti per soddisfare le esigenze e i comportamenti naturali dei maiali. Purtroppo però in Italia il 98% degli allevamenti non è a norma“.
Il piano nazionale e la petizione
La situazione in Italia risulta così preoccupante che il Ministero della Salute ha predisposto il “Piano di azione nazionale” (in attuazione della Direttiva 2008/120/CE che l’Italia non rispetta da anni) “finalizzato alla prevenzione del ricorso al taglio delle code” nei piccoli di maiale, anche se si tratta ancora di un progetto embrionale. Animal Equality, invece, ha lanciato una petizione rivolta ai ministri Gian Marco Centinaio (Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) e Giulia Grillo (Salute) per ottenere, fra le altre cose, un maggior controllo delle condizioni degli animali, la sospensione di metodi che non rispettano le direttive europee e un aggiornamento della normativa relativa all’utilizzo delle gabbie per le scrofe.
“Quello che abbiamo documentato nella nostra inchiesta dimostra quanta strada c’è ancora da fare in materia di benessere animale per adeguarsi alle norme minime previste dall’Unione Europea. Ovviamente, noi desideriamo che questi animali non vengano allevati e uccisi per scopi alimentari. Ma in vista di un cambiamento sociale e di consumi che sta già avvenendo, ci auguriamo che le autorità preposte vigilino e si attivino nel frattempo per far sì che la sofferenza di questi animali confinati negli allevamenti sia ridotta il più possibile” ha dichiarato Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia.