“Meno è meglio. Mangia meno carne e più piante: dillo ai tuoi amici” con queste parole Greenpace Europa lancia il suo report per richiedere la diminuzione globale del 50% degli allevamenti intensivi entro il 2050. Sostegno invece al concetto di “allevamento ecologico”.
La motivazione di tale richiesta si inserisce all’interno della questione dei cambiamenti climatici in cui la produzione di carne e latticini risulta direttamente coinvolta. In questo panorama, per dirigersi verso una produzione alimentare più sostenibile, l’associazione punta tutto sulla riforma agricola. Lo scopo? Rispettare gli impegni presi con l’accordo di Parigi per assicurare un futuro migliore alle prossime generazioni.
Le motivazioni della richiesta
Nel report si cerca di rispondere alla domanda: “Cosa mangiare?” e sarà la risposta a determinare in quale futuro vivranno le prossime generazioni e quale sarà il destino della nostra specie e del nostro Pianeta.
“Il nostro sistema alimentare – compresi i cambiamenti nell’uso del suolo legati all’agricoltura – è attualmente responsabile di un quarto di tutte le emissioni di gas serra che causano il cambiamento climatico” – dichiara anche Greenpeace International – “Solo la produzione di carne e prodotti lattiero-caseari rilascia già le stesse emissioni di gas serra del settore dei trasporti. Se non facciamo nulla, entro il 2050 le emissioni di gas del sistema alimentare rappresenteranno oltre la metà delle emissioni globali totali associate alle attività umane.
Chi più, chi meno…
Nel documento si specifica che non tutti gli animali d’allevamento hanno un impatto diretto sul clima, ad esempio quello delle mucche ha un impatto climatico maggiore rispetto a quello dei polli, ma questo non vuol dire che gli allevamenti di quest’ultimi siano “senza macchia”. Infatti, anche se i polli non producono quantità significative di gas serra sono spesso portatori di malattie infettive alimentari causate da batteri e altri agenti patogeni. Quindi, se da una parte i cambiamenti climatici sono il motivo principale che ha spinto l’associazione a chiedere il dimezzamento degli allevamenti intensivi di sicuro non sono gli unici. Si uniscono a questi, infatti, altri problemi ambientali collegati agli allevamenti intensivi come ad esempio la deforestazione e anche la diminuzione della biodiversità: dal 1970, la Terra ha perso metà della sua fauna selvatica, ma ha triplicato la sua popolazione di bestiame. Altra nota dolente legata agli allevamenti intensivi è data dalla produzione dei mangimi per gli animali. La produzione di mangimi, infatti, ha un impatto negativo significativo sulle foreste, sulle risorse idriche e sul clima.
Davanti a questo panorama, l’associazione punta sulla Pac (politica agricola comune) come possibile base di partenza. Infatti, la riforma emanata dalla Commissione Europea per il ciclo 2014/2020 ha come punto innovativo la salvaguardia dell’ambiente e il ricorso a tecniche di coltivazione sostenibili. Marco Contiero, direttore della politica agricola di Greenpeace Europa, dichiara: “Le politiche agricole dell’UE ci hanno spinto verso un limite ambientale. L’allevamento industriale di animali è una delle principali fonti di emissioni di carbonio, di acqua e di inquinamento atmosferico e causa gravi problemi di salute come la resistenza agli antibiotici” e ancora “i nostri governi devono garantire che l’imminente riforma della Pac acceleri il passaggio a una produzione sostenibile di ortaggi e verdure e a ridurre gli allevamenti, ritirando il sostegno della produzione animale intensiva“.
Che cosa è l’allevamento ecologico?
Secondo l’associazione il sistema attuale di agricoltura e allevamento sta lentamente distruggendo il pianeta senza riuscire neppure ad assicurare una distribuzione equilibrata e sostenibile del cibo: si contano 800 milioni di persone affamate e 2 miliardi in sovrappeso. Il futuro auspicato da Greenpeace è caratterizzato da un nuovo tipo di produzione, nel report si parla infatti di agricoltura e allevamento ecologico. L’agricoltura ecologica: è un metodo di produzione che ha come obbiettivi il mantenimento delle risorse naturali per minimizzare i danni ambientali. Questo tipo di agricoltura si dovrebbe basare sul rispetto dei cicli della natura, intervento minimo sulla terra, il divieto di OMG e di fertilizzanti chimici altamente inquinanti. Secondo l’associazione l’agricoltura ecologica dovrebbe essere accompagnata anche dall’allevamento ecologico per diminuire l’impatto ambientale. Nel report si legge come il concetto di allevamento ecologico sia basato sull’idea di “bestiame ecologico”: nutrire gli animali ruminanti su praterie e suini e pollame con residui di cibo o residui di raccolto.
Greenpeace: mossa dalle polemiche?
Oggi Greenpeace è scesa in campo ma in passato l’associazione è stata bersaglio di molte critiche a causa di un suo mancato impegno nella lotta contro gli allevamenti intensivi. Il polverone si alzò soprattutto grazie al documentario “Cowspiracy”. Le polemiche nacquero dall’affermazione dei due registi Kip Andersen e Keegan Kuhn, secondo i quali alcune fra le più grandi e riconosciute organizzazioni ambientaliste non si esposero volutamente sull’impatto della produzione di carne sull’ambiente per paura, meccanismi politici e interessi. Tra queste oltre Greenpeace anche Sierra Club, Surfrider Foundation e Rainforest Action Network entrarono nel mirino del documentario. Andersen, disse: “Perché io, ecologista compulsivo, che ha seguito ciecamente Al Gore, Green Peace, Oceana, e tante altre associazioni e realtà, non vedo nessuno di loro parlare di un problema reale, una questione che emerge dai dati della FAO e di moltissime altre grandi organizzazioni mondiali?”.