A distanza di poche ore dall’insediamento, il neo eletto Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha firmato il provvedimento con cui inizia formalmente l’iter di 30 giorni per il rientro del Paese nell’accordo sul clima di Parigi, di cui il Paese non faceva più formalmente parte dalla metà del 2020, dopo la forte presa di posizione dell’amministrazione Trump, che negava l’esistenza stessa del cambiamento climatico.
Forte segnale di cambiamento, ma il percorso sarà lungo
“Un grido di sopravvivenza viene dallo stesso pianeta. Un grido che non può essere più disperato o più chiaro di così”, ha dichiarato Joe Biden nel suo discorso d’insediamento al Capitol, parole che sembrano illuminare un passato fatto di quattro anni di buio profondo.
I primi passi della presidenza democratica hanno portato anche a nuove nomine di esperti sul clima all’interno del Dipartimento di Stato e il Consiglio di Sicurezza Nazionale. Anche nel Dipartimento del Tesoro, dei Trasporti e nell’ufficio della Vice Presidente Kamala Harris ci sarà staff dedicato alla politica climatica.
L’accordo sul clima di Parigi, in vigore da novembre 2016, si pone l’obiettivo fondamentale di ridurre l’emissione di gas serra e di fermare così il continuo innalzamento delle temperature del pianeta, contenendolo entro i 1.5 gradi Celsius. Oggi la temperatura media del globo è di 0.85 gradi, rispetto ai livelli di fine Ottocento, raggiungendo negli ultimi sei anni le temperature più alte mai registrate.
Stop anche all’oleodotto Keystone XL
Il Presidente Biden ha anche rescisso il permesso per la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, lungo 1897 chilometri con una capacità di 830 mila barili di greggio al giorno, dal bacino sedimentario canadese occidentale in Canada fino alle raffinerie americane della Costa del Golfo. Già nel 2015 il progetto era stato sospeso dal Presidente Obama, per essere di nuovo riavviato, nel 2017, dall’amministrazione Trump.
La scelta di Biden è già stata criticata dalla più grande lobby statunitense, la United States Chamber of Commerce, che ha già mostrato di non apprezzare la sospensione del progetto. Altri invece, come il presidente della Chamber’s Global Energy Institute, Marty Durbin, pensano che questa scelta “danneggerà i consumatori e toglierà il lavoro a migliaia di americani nel settore edilizio”.
C’è bisogno di azioni tempestive
L’obiettivo fissato da Biden è quello di eliminare le emissioni di anidride carbonica dal settore dell’energia elettrica entro il 2035 e dall’intera economia entro il 2050. La sua realizzazione a livello legislativo sarà, però, davvero complessa, soprattutto perché c’è da considerare che la maggioranza democratica al Senato è di un solo voto.
Gli analisti avvertono che, sebbene questo sia un forte segnale da parte del nuovo Presidente in carica, dovranno seguire tempestivamente politiche sul clima specificamente aggressive, al fine di diminuire drasticamente le emissioni inquinanti del Paese.
Nei quattro anni di presidenza Trump sono stati fatti molti passi indietro dal punto di vista della lotta al clima, come sottolineano diverse ricerche, che hanno evidenziato circa 100 norme ambientali ufficialmente rovesciate, revocate o ritirate da Trump. Tra queste, ci sono norme che regolano l’inquinamento dell’aria e le emissioni, trivellazione ed estrazione, animali, inquinamento dell’acqua e sostanze tossiche.
Scetticismo internazionale
Non è la prima volta che gli Stati Uniti revocano la propria adesione a un trattato internazionale sul clima. L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi, venne annunciata nel 2017 da Trump e avvenne formalmente a metà del 2020, ma già nel 2001 il Presidente Bush aveva annunciato la non implementazione del Protocollo di Kyoto, trattato firmato nel 1997 da Clinton.
Questo, secondo David Levaï, ricercatore e mediatore Francia-USA durante i negoziati per l’Accordo di Parigi, comporta un certo scetticismo internazionale di base, anche a causa del continuo negare l’esistenza stessa di una crisi climatica irreversibile da parte di Trump.
Non ci si aspettano risultati immediati, ma in attesa dei negoziati che si terranno a Glasgow a novembre, il neo eletto Presidente USA dovrà consultare non solo governatori, sindaci e congresso, ma anche importanti stakeholders e imprese private.
Azzerare le emissioni, prima che sia troppo tardi
Gli USA sono il Paese che ha emesso più gas serra nell’atmosfera nella storia, secondo solo alla Cina nel 2018, la quale ha annunciato di voler raggiungere il picco delle emissioni entro la fine di questo decennio e arrivare alla neutralità di carbonio emesso entro il 2060.
Tra le cause dell’aumento delle emissioni ci sono la combustione di carbone, petrolio e gas e la deforestazione, ma anche la continua crescita degli allevamenti intensivi di bestiame. Come sottolinea WWF Italia: “occorre uscire dalla retorica e prendere impegni concreti” per “evitare i peggior impatti del cambiamento climatico”.