(Foto di: George Steinmetz – Brasile, l’azienda di pollame Itabom elabora 18.000 polli all’ora.)
Nel 2050 si stima che la popolazione mondiale passerà da 7 a 9 miliardi con la conseguente necessità di raddoppiare il fabbisogno globale di cibo. In questo momento i dati forniti da National Geographic parlando chiaro: il terreno destinato a pascoli e aree agricole rappresenta il 38.6 delle terre emerse, mentre le terre “libere”, quelle occupate da foreste, tundra e deserto, rappresentano il 46.5 %: la rincorsa è in atto. National Geographic ha così chiesto a un famoso fotografo americano, George Steinmetz, di immortalare attraverso i suoi scatti il modo in cui l’agricoltura industrializzata e le aziende produttrici di carne faranno fronte a questa crescente (e innaturale) domanda.
(Foto di: George Steinmetz – Mato Grosso, Brasile, fattoria con scrofe)
Steinmetz, soprannominato “il fotografo volante” (per la sua speciale tecnica di raccontare il mondo dall’alto utilizzata dal 1997) ha così girato tutto il mondo per costruire, insieme ad altri fotografi, un grande reportage pubblicato sul sito di National Geographic e intitolato “Feed the World” per descrivere attraverso le immagini come sta cambiando il mondo per adattarsi alla crescita esponenziale della società umana.
“Spesso la prospettiva aerea è la migliore per apprezzare veramente la scala e i disegni delle terre aride. Dall’alto, le forze che modellano il deserto sono evidenti a chi sa leggerle: la direzione del vento, lo scorrere di antichi fiumi, le tracce dell’uomo e degli animali, e le forze della geologia” ha affermato Steinmetz in un’intervista dopo il suo lavoro sulle aree desertiche del pianeta esposto anche in Italia a Expo 2015. Una tecnica che è stata riutilizzata anche in questa occasione: immensi campi arati, foreste in fiamme per lasciare posto alle colture, capannoni sovraffollati di polli e tacchini ma anche foto ravvicinate della mensa di un macello con i dipendenti che pranzano con la tuta bianca e la cuffia da lavoro, degli immigrati in California che raccolgono il sedano destinato alla Cina, delle piante di mais utilizzate dalla Monsanto per i suoi esperimenti di genetica in un centro di ricerca del Nord Carolina.
(Foto: George Steinmetz; la più grande industria di uova dell’America Latina)
Dal Brasile, dove le foreste stanno rapidamente diventando campi coltivati, agli Stati Uniti e in Giappone, dove una già solida industria del cibo sta cercando altri modi per crescere in modo efficiente, alla Cina dove l’industrializzazione sta facendo aumentare la domanda di cibo però escludendo i terreni agricoli dalla produzione alimentare: le foto di Steinmetz mostrano senza impressionare, ti costringono a guardare senza distogliere lo sguardo, non giudicano ma si limitano a raccontare.
Serena Porchera