Ventotto voti per il sì, quattro per il no. Si è conclusa così, ieri sera, la votazione dell’Assemblea Nazionale francese per l’obbligo di un sistema di video sorveglianza nei macelli. Una misura precauzionale tanto desiderata questa, da associazioni animaliste e dai cittadini, che secondo un sondaggio IFOP (condotto nell’ottobre 2016) per la Fondazione Brigitte Bardot, per l’85% sono a favore della video sorveglianza in questi luoghi. Dopo gli scandali degli abusi nei macelli rivelati grazie alle video investigazioni dell’associazione animalista L214, qualcosa si è mosso.
L’obbligo entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2018, dopo un periodo di sperimentazione che servirà a capire le metodologie di attuazione: “Le videocamere saranno installate in tutti i luoghi di consegna, alloggio, immobilizzazione, stordimento, macellazione e abbattimento degli animali”, si legge nella disposizione, “il cui scopo esclusivo è la protezione degli animali e per l’eventuale formazione dei dipendenti. Sarà permesso l’accesso alle immagini (che resteranno in archivio non più di un mese) – continua la nota – solo ai servizi di controllo veterinari, alla direzione dello stabilimento e ai rappresentanti del personale”.
“La Francia è il primo paese europeo a legiferare sull’obbligo del controllo video nei macelli e possiamo essere orgogliosi. Si tratta di un importante passo avanti che contribuirà a ridurre la sofferenza degli animali al momento della macellazione “, ha dichiarato Léopoldine Charbonneaux, direttrice del Compassion in World Farming France.
Ma sulla vicenda non sono mancate le perplessità a partire da Dominique Langlois, Presidente Interbev (Associazione interprofessionale di bestiame e carne) che ha dichiarato di non essere contrario alla video sorveglianza “a circuito chiuso in linea di principio, ma la questione pone alcuni problemi legali legati ai diritti d’immagine per i dipendenti che appaiono nei filmati e all’accesso ai video”. Sulla questione anche il Partito Socialista (PS) e l’Europa Ecologia-I Verdi (EELV) hanno dichiarato che il video controllo, oltre ad essere moto costoso, avrebbe messo troppa “pressione” e “vincoli” sui dipendenti.
E anche in Italia, dopo il video shock dell’indagine portata avanti per più di 6 mesi dall’associazione Essere Animali sulla produzione del Prosciutto di Parma, l’Enpa, l’Ente Nazionale Protezione Animali, ha ribadito, in una nota, come “la vicenda abbia dimostrato, ancora una volta l’urgenza di installare telecamere all’interno degli allevamenti, perché non è un fatto né isolato né episodico. A cominciare proprio dal Consorzio del Prosciutto di Parma che ha l’occasione di concretizzare la buona volontà espressa a mezzo stampa”.