La Francia sarà il primo paese europeo a imporre il divieto di nominare i prodotti plant based con termini propri della carne come “bistecca”, “salsiccia” o “wurstel” con il fine di “tutelare il consumatore nelle proprie scelte alimentari”. Il decreto ufficiale, pubblicato lo scorso giovedì 30 giugno 2022 sul Journal officiel, entrerà in vigore il prossimo ottobre.
Il primo paese in Europa
La Francia così allarga per prima il divieto europeo del 2017 a seguito della pressione da parte dell’industria francese della carne: “Non sarà più possibile utilizzare terminologie appartenenti a settori tradizionalmente legati alla carne e al pesce per descrivere prodotti che non provengono da animali”. La norma, che entrerà in vigore il 1 di ottobre, abolirà definitivamente termini quali “bistecca”, “pancetta” o “salsiccia”, per descrivere prodotti a base vegetale considerati sostituti della carne. Sarà fatta eccezione per prodotti precedentemente realizzati ed etichettati per i quali verrà permessa la vendita fino al 31 dicembre. Non sono però soggetti al decreto i prodotti fabbricati in un altro Stato membro dell’Unione Europea, in Turchia o in un altro Stato facente parte della “Agreement on the European Economic Area”.
Il decreto inoltre stabilisce regole precise per la quantità di proteine vegetali consentite nei prodotti a base di carne affinché possano mantenere tale nomenclatura: ad esempio un hamburger può continuare a portare la sua etichetta di alimento a base di carne a condizione che il suo contenuto di proteine vegetali non superi il 7%. Questa percentuale scende al 3% per i würstel, all’1% per le salsicce e allo 0,5% per la pancetta e il lardo.
La notizia è stata accolta favorevolmente dall’industria della carne che tuttora considera i prodotti plant based dei concorrenti sleali che ingannano il consumatore: “Il testo era atteso da diversi anni e costituisce un passaggio essenziale a favore della trasparenza dell’informazione per il consumatore nonché della conservazione dei nostri prodotti e del nostro know-how” ha commentato Jean-François Guihard, presidente di Interbev, l’Associazione Interprofessionale per Bovini e Carni. I professionisti dell’industria dei suini ritengono inoltre che: “La legge dovrebbe proteggere i nomi degli animali dagli alimenti sintetici artificiali – ovvero le cosiddette “carni” “di laboratorio”- ottenute dalla coltura di cellule animali, ma anche proteine microbiche o fungine”.
Lo sgomento delle associazioni animaliste
Totalmente contrari invece si sono espressi i membri dell’Observatoire national de l’alimentation végétale condannando il decreto e affermando che: “Questo decreto pone la Francia in una posizione tradizionalista e conservatrice, contro il favore delle tendenze attuali e della politica europea sulla questione”.
Il mercato degli alimenti a base vegetale alternativi alla carne è in crescita e sta attirando sempre più investimenti da parte di gruppi agroalimentari che sperano di capitalizzare la maggiore consapevolezza dei consumatori e la tendenza verso un’alimentazione più sana, e una scelta come questa può significare solo un inevitabile rallentamento della transizione.
Solo nel marzo dello scorso anno infatti è stato stimato che la percentuale di vegetariani e vegani in Francia fosse del 5% e uno studio sugli ultimi ha rilevato che le vendite dei sostituti della carne nei supermercati sono cresciute dell’11% dal 2019 in poi.
Barbara Boyer, portavoce del gruppo per i diritti degli animali L214 Éthique et Animaux, ha dichiarato: “La lobby della carne si sente così in pericolo da dover intervenire per tutelare la sua filiera produttiva. In realtà in Francia stiamo finalmente assistendo a una crescita dell’offerta di prodotti vegani nei supermercati e nei ristoranti. Molti supermercati stanno lanciando la propria gamma di prodotti vegani e, se è vero che siamo dietro ad alcuni paesi come il Regno Unito, è anche vero che negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera evoluzione del territorio francese in termini di offerte vegane in ristoranti e negozi. Ci stiamo arrivando lentamente ma la direzione è quella”.
L’UE, però, non muove passi indietro
La vicenda legata alla nomenclatura delle alternative vegetariane o vegane in Europa ha generato polemiche sin dagli inizi. È stato però nel 2017, a seguito della controversia legata all’azienda tedesca TofuTown, che la Corte europea si è pronunciata per la prima volta sulla questione con una sentenza dedicata ai prodotti lattiero-caseari: salvo rare eccezioni infatti, le alternative vegetali a tali prodotti da allora non solo devono riportare etichette diverse ma non possono in alcun modo utilizzare denominazioni che ricordino i loro simili di derivazione animale. Sempre per rispondere alle richieste dei produttori della carne, la sentenza venne anche rinforzata nel 2020 con l’approvazione degli emendamenti 171 e 172, che impedivano anche di usare termini come “burroso” e “cremoso” per bevande, spalmabili e yogurt e di produrre confezioni simili per forma e colore ai prodotti della tradizione. Tuttavia questi furono poco dopo accantonati anche grazie all’intervento congiunto delle associazioni internazionali come ProVeg e le campagne di raccolta firme.
Per i prodotti a base di carne però le cose sono andate diversamente. Sebbene i produttori di carne avessero richiesto esplicitamente all’UE di porre limitazioni nella nomenclatura anche alle alternative vegetali alla carne, il Parlamento europeo non hai mai acconsentito a tali richieste e anzi, nell’ottobre del 2020, quando furono approvati gli emendamenti appena citati, ha bocciato quelli relativi al cosiddetto “veggie burger ban” che ne suggeriva il bando. Se la Francia ha deciso di perseguire questa direzione, per il momento il resto dell’UE sembra non muovere passi indietro sulle decisione prese.